ALESSANDRA CORBETTA - PRIMA DI TUTTO COMUNICARE
25 ottobre 2020
di Roberto Dall’Acqua
Alessandra come nasce il tuo amore per la scrittura? Parlaci dei tuoi libri...
L’amore per la scrittura credo sia sempre un amore figlio, un amore derivato e mai possibile come amore primigenio; o, quantomeno, nel mio caso è successo così poiché l’amore-madre, l’amore-origine è stato quello per la lettura. Ancora oggi ricordo con grande esattezza percettiva la sensazione di quando ho imparato a leggere: senza sapere bene né come né perché, avevo intuito che stava iniziando qualcosa di immenso, di magico, di inafferrabile, com’è tutt’oggi per me la lettura. La scrittura è stata una conseguenza inevitabile, il solco di terra dove il fiume ha trovato spazio per scorrere.
La scrittura è il tuo unico lavoro?
No, sono formatrice aziendale in ambito di comunicazione e media, collaboro con l’azienda di mio padre attiva nel settore IT e sono Teaching Assistant e docente a contratto presso l’università LIUC- Carlo Cattaneo, dove insegno Comunicazione per i New Media e i Social Network, ambito nel quale mi sono dottorata e per il quale ho conseguito due Master.
Come ti rapporti con i social? Li usi?
Quando Facebook è esploso in Italia, era il maggio del 2008, frequentavo il primo anno di Economia e moltissimi miei compagni si crearono un account e iniziarono a usarlo. La vita offline cominciava a passare da lì, così come le conversazioni che, nate in Fb, continuavano tra le ore di lezione e anche dopo. Stava cambiando tutto e in modo radicale ma, in molti, non si rendevano bene conto di quello che stava accadendo. Ne rimasi profondamente sconvolta, anche disgustata per certi versi. Nei confronti di Fb ho provato da subito un odio viscerale ma, allo stesso tempo, la sua diffusione ha fatto nascere in me l’impellenza di volerlo studiare, di capire tutto quello che lo riguardava, poiché al suo interno convergevano una serie di elementi – l’identità, le relazioni, gli spazi, il tempo, ecc. – che, nella loro coesistenza in un unico luogo, stimolavano in continuazione le mie riflessioni e alimentavano la mia voglia di volere capire, la necessità di contribuire anch’io alla spiegazione di questo fenomeno tsunamico. E così è stato anche con gli altri Social Network che, mano a mano, hanno preso piede. Ho capito che questi nuovi media non mi avrebbero mai annoiata e così, quasi ventenne e già con l’idea di fare un dottorato, ho deciso che loro sarebbero stati il mio oggetto di studio e di ricerca. Sono quindi innanzitutto questo per me e, in secundis, uno strumento di lavoro.
Che parte hanno i ricordi nella tua vita?
Recentemente una persona cara mi ha definita “la donna del passato” perché i miei occhi, i miei discorsi tornano sempre su quello che non c’è più, su ciò che è andato. Mentre vivo le varie situazioni, dentro di me è come se le fotografassi senza sosta, consapevole che da lì a pochissimo non esisteranno più, se non nel ricordo, fatto di percezione, sensazione, emozione e racconto di tutte queste cose insieme. Il mio andare avanti è una lotta con il tenere stretto quello che il passaggio da un’età all’altra, le esperienze, le ferite, ci vogliono portare via, vogliono trasmutare in qualcosa di diverso. C’è chi dice che tutte le stagioni siano belle, che ognuna abbia qualcosa da regalarci e anch’io, razionalmente, lo credo; ma poi, nella mia parte più intima e profonda, non smetto mai di dare ragione Ennio Flaiano quando scrive: «Non c'è che una stagione: l'estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L'autunno la ricorda, l'inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla». Ecco: è come se una parte di me si ostinasse a credere che l’unica stagione davvero vera sia l’estate e cioè che la vita vera sia solo quella della prima parte, dall’infanzia fino alla giovinezza, perché lì siamo inconsapevoli e ancora lontani da cliché, conformismi, convenevoli, compromessi: tutte cose che detesto profondamente e dalle quali cerco sempre di tenermi alla larga. La mia rincorsa all’autenticità, vero senso del vivere per me, mi costringe spesso a tenere la testa rivolta all’indietro; e allora i ricordi diventano combustibile, benzina per le mie fughe senza tempo. Adesso, però, mi è venuta in mente una poesia bellissima di Franco Fortini che un po’ lenisce questa mia lotta contro i mulini a vento: si intitola Molto chiare… e la condivido con voi:
Molto chiare…
Molto chiare si vedono le cose.
Puoi contare ogni foglia dei platani.
Lungo il parco di settembre
l’autobus già ne porta via qualcuna.
Ad uno ad uno tornano gli ultimi mesi,
il lavoro imperfetto e l’ansia,
le mattine, le attese e le piogge.
Lo sguardo è là ma non vede una storia
di sé o di altri. Non sa più chi sia
l’ostinato che a notte annera carte
coi segni di una lingua non più sua
e replica il suo errore.
È niente? È qualche cosa?
Una risposta a queste domande è dovuta.
La forza di luglio era grande.
Quando è passata, è passata l’estate.
Però l’estate non è tutto.
(da Paesaggio con serpente, 1984)
Alejandro Jodorowski afferma: <<Il tempo asciuga il superfluo e conserva l’essenziale>>. Che ne pensi?
Dico sempre che, nelle amicizie, nel lavoro, negli amori, vale ciò che resta; non si possono fare previsioni all’inizio o durante ma, a un certo punto, se siamo in vena di bilanci, possiamo guardarci le mani e vedere cosa e chi è rimasto lì, chi e cosa continua ad accompagnarci e a far parte di noi. In questo senso Jodorowski ha ragione. Ma ha anche torto, perché il tempo, purtroppo, ci porta via anche l’essenziale.
Come vedi il tuo futuro? Obiettivi personali e professionali.
Professionalmente vorrei continuare a fare quello che faccio, sempre meglio chiaramente, ma mantenendo questa poliedricità che per me è fondamentale. Fin da piccola non mi sono mai sentita di appartenere a nulla in maniera completa: per essere io, ho bisogno del mosaico, anche in campo lavorativo. A livello generale, sono molto arrabbiata per le misure prese per arginare il Covid-19 che, a mio avviso, sono lesive della libertà degli individui e stanno portando il paese, da un punto di vista umano, economico e sociale allo sfacelo più totale. Diventano la riprova di una classe politica indegna del ruolo che riveste: basti pensare, un esempio tra tanti, che a rivestire il ruolo di ministro dell’istruzione sia l’Azzolina. Anche coloro che ora sono succubi del terrorismo psicolgico-mediatico in cui hanno deciso di dirottarci, non troppo tardi si renderanno conto che la maggior parte delle misure cautelari prese avranno conseguenze gravissime. Quando il weekend resto in provincia e torno a casa tardi la sera ed è autunno inoltrato, molte volte capita che tutto sia avvolto da una nebbia fitta, nella quale è difficile mettere bene a fuoco qualcosa; ecco, lo vedo così il futuro, cioè credo che non sia possibile vederlo se non a piccoli sprazzi. Per noi giovani, purtroppo, è così. Spero, però, che proprio noi possiamo trovare la forza per ribellarci al sistema, uscire dagli egoismi individuali e impegnarci concretamente per qualcosa di diverso, qualcosa che faccia alzare, almeno un po’, la nebbia.
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News » INTERVISTE | domenica 25 ottobre 2020
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