TUTELA DEI LAVORATORI IN MALATTIA
12 dicembre 2017
di Vittorio Esperia
Ai sensi dell’art. 2110 del codice civeile “in caso d'infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio, se la legge (o le norme corporative) non stabilisce forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o un'indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali, (dalle norme corporative) dagli usi o secondo equità.” Pertanto, secondo quanto disposto dalla normativa vigente, al lavoratore assente per malattia spetta il diritto di percepire comunque una retribuzione, nella misura e per il tempo determinati dalla legge o dalla contrattazione collettiva. A seconda dei casi, tale retribuzione graverà interamente a carico del datore di lavoro o sarà a carico dell'INPS; in questa seconda ipotesi, in particolare, l’Istituto previdenziale eroga un’indennità che può essere eventualmente integrata dal datore di lavoro. Viene inoltre garantita per legge al dipendente assente per malattia la conservazione del posto di lavoro per un determinato periodo di tempo, nel corso del quale non potrà quindi essere licenziato dal proprio datore di lavoro. La durata del cosiddetto periodo di comporto viene definita dalla contrattazione collettiva applicata ed è generalmente quantificata in 180 giorni per anno civile. In ogni caso, il periodo di assenza dal lavoro per malattia è inoltre computato nell'anzianità di servizio del lavoratore. A chi spetta l'indennità di malattia per lavoratori dipendenti - L’INPS, contestualmente al verificarsi di un evento morboso che determini l’incapacità temporanea al lavoro, eroga un’indennità di malattia alle seguenti tipologie di lavoratori subordinati:
operai del settore industria
operai e impiegati del settore terziario e servizi
lavoratori dell’agricoltura
apprendisti
disoccupati
lavoratori sospesi dal lavoro
lavoratori dello spettacolo
lavoratori marittimi
Tale indennità invece non spetta a:
collaboratori familiari (colf e badanti)
impiegati dell'industria
quadri (industria e artigianato)
dirigenti
portieri
lavoratori autonomi
Per poterne fruire, il lavoratore ha l’obbligo di farsi rilasciare il certificato di malattia dal proprio medico curante, che provvede a trasmetterlo telematicamente all’INPS. A differenza di quanto non accadesse in passato, salvo specifiche eccezioni, al dipendente non spetta dunque più l'obbligo di trasmissione del certificato, ma gli compete comunque l'onere di accertarsi della correttezza dei dati inseriti dal medico, compresi quelli anagrafici e quelli relativi al domicilio per la reperibilità. Qualora fosse espressamente richiesto dal proprio datore di lavoro, il lavoratore deve inoltre fornire il numero di protocollo identificativo del certificato rilasciatogli dal medico. A ogni modo, in seguito alla trasmissione telematica del certificato medico, il lavoratore è esonerato dall’obbligo di invio dell’attestato al proprio datore di lavoro che potrà usufruire dei servizi messi a disposizione dall’Istituto previdenziale. Nel caso in cui, però, la trasmissione telematica non fosse possibile, il lavoratore deve farsi rilasciare il certificato medico in modalità cartacea: in questo caso, subentra quindi l’onere, entro due giorni dalla data del rilascio, di presentare o inviare il certificato di malattia all’INPS e al proprio datore di lavoro. Assenza per malattia e obbligo di reperibilità - Per il lavoratore sussiste inoltre un obbligo di reperibilità presso il proprio domicilio per sottoporsi all'eventuale visita del medico fiscale, la cui violazione è sanzionata disciplinarmente. Le fasce di reperibilità sono, per tutti i giorni riportati nella certificazione di malattia (compresi i sabati, domenica e festivi), dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. L’assenza alla visita medica, se non giustificata, comporta per il lavoratore il mancato indennizzo per un massimo di dieci giorni di calendario dall’inizio dell’evento. Un'ulteriore assenza ingiustificata alla seconda visita di controllo comporta, oltre alla sanzione precedente, anche la riduzione del 50% dell’indennità economica nel restante periodo di malattia. Infine, nel caso in cui il lavoratore risultasse ingiustificatamente assente anche a una terza visita di controllo, verrà meno la totale corresponsione dell’indennità a carico dell’INPS. Quanto spetta al dipendente in caso di malattia - Il diritto all’indennità di malattia a carico dell’INPS decorre, per la generalità dei lavoratori dipendenti, dal quarto giorno (i primi tre giorni sono considerati di “carenza” e, se previsto dal contratto collettivo, devono essere indennizzati dal datore di lavoro) e termina con la scadenza della prognosi (fine malattia). Generalmente, l’indennità a carico dell’Istituto è corrisposta ai lavoratori dipendenti nella misura del 50% della retribuzione media giornaliera (comprensiva dell’incidenza dei ratei delle mensilità aggiuntive) dal 4° al 20° giorno e del 66,66% dal 21° al 180° giorno. Tuttavia, la maggior parte dei contratti collettivi stabilisce che il datore di lavoro debba integrare l’indennità erogata dall’INPS, durante il periodo di conservazione del posto, fino a un determinato ammontare che può arrivare al 100% della retribuzione
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News » ANNOTAZIONI LEGALI | martedì 12 dicembre 2017
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