LUCHINO DAL VERME: “IL CONTE PARTIGIANO”
25 aprile 2019
di Francesco Catena
Nato a Milano il 25 Novembre 1913 da una famiglia nobile, i Dal Verme originari di Verona, allo scoppio della seconda guerra mondiale lo vede ufficiale del Reggimento artiglieria celere “ PrincipeAmedeo Duca d’ Aosta “ con cui partecipa alla tragica campagna italiana di Russia nel 1941.
Tornato in patria viene inviato a Forlì con l’incarico di addestrare le nuove reclute per ricostituire il Reggimento annientato in Russia
L’armistizio dell’otto settembre 1943 e la fuga dei reali a Brindisi rappresentarono per Dal Verme un atto di tradimento nei confronti della nazione e dell'esercito. Per evitare la cattura da parte dei nazifascisti, sorte che sarebbe toccata a tutti i soldati italiani, si nascose nel castello di famiglia, a Torre degli Alberi dove rimase per sei mesi.
Da lì lo tirò fuori Italo Pietra, futuro comandante partigiano e poi direttore del quotidiano Il Giorno, che lo convinse a unirsi alla Resistenza. Con il nome di battaglia Maino partecipò all’organizzazione delle prime formazioni partigiane di Pavia e dell’Oltrepò che formarono la 88° Brigata “ Casotti “. Diventa in seguito
Comandante della divisione Garibaldi “ Antonio Gramsci “ formazione partigiana di ispirazione comunista , lui monarchico, nobile e cattolico .
Rispondendo a chi , in seguito , gli chiedeva una spiegazione di questa anomalia rispondeva : «Non ho mai contato quanti fossero i comunisti nella mia divisione. So però quanti uomini sono morti per tutti noi, per la libertà di ciascuno di noi. E questo mi basta».
La sua divisione ha fatto molte azioni in pianura e soprattutto ha partecipato alla terribile battaglia di Costa Pelata, un durissimo corpo a corpo con i tedeschi, contro i quali combatterà anche un reparto di cecoslovacchi (disertori della Wermacht) e che richiederà l’intervento di due caccia bombardieri inglesi. Tra il 25 e il 26 aprile la divisione di Dal Verme occupa Casteggio e il giorno dopo, il 27, è tra le prime formazioni partigiane a entrare nella Milano liberata. E qui si verifica un episodio poco noto, ma che spiega molte cose della Resistenza. Quando il colonnello Valerio ricevere l’ordine dal Clnai , comitato liberazione nazionale alta italia , di andare a Como per recuperare Mussolini già fatto prigioniero da altri partigiani e di fucilarlo immediatamente , fa notare che c’è molta confusione in giro e che probabilmente ci saranno conflitti con quelli che hanno Mussolini.
Chiede quindi di avere una scorta armata «ma che sia fidata» (in quei giorni in giro ci sono tanti finti partigiani e tante spie). Sulla richiesta di Valerio c’è un attimo di imbarazzo: nessuno sa bene di chi ci si può fidare davvero. Allora si fa avanti il conte Dal Verme: «Valerio, ti do io dodici dei miei uomini. Siamo appena scesi dalle montagne dell’Oltrepò, ci siamo fatti strada fin qui con le armi, di loro ti puoi fidare ciecamente». E così Valerio parte con la scorta dei ragazzi di Varzi, di Voghera e di Ponte Nizza, i partigiani dell’Oltrepò. Quando Valerio vede che i compagni di Como non vogliono dargli Mussolini, saranno proprio gli uomini di Dal Verme a spianare i mitra e a chiudere , pacificamente , la questione. Il Duce verrà poi fucilato, insieme a Claretta Petacci. Finita la guerra, al “conte partigiano” un po’ tutti i partiti offrono candidature e una carriera politica. Discende da una famiglia che ha governato a lungo l’Oltrepò, sia pure in anni medioevali, è stato un eroe di guerra e della Resistenza, ha rischiato la vita più volte. Ma lui dice semplicemente no a tutti . Torna nel suo castello a Torre degli Alberi, avvia un allevamento di polli, e si rimette al lavoro per guadagnarsi da vivere. Sua moglie, invece, apre una scuola di tessitura per le ragazze del paesino dell’Oltrepò, da cui non si sono mai più mossi. Muore il 29 Marzo 2017 a 103 anni
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News » PERSONAGGI | giovedì 25 aprile 2019
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