PENSIONE QUESTA SCONOSCIUTA
04 gennaio 2022
di Vittorio Esperia
Tendenzialmente, quando si parla in modo generico di pensione si fa riferimento alla cosiddetta pensione di vecchiaia, trattamento pensionistico che viene erogato al raggiungimento di un’età anagrafica fissata per legge, in presenza di una contribuzione normalmente non inferiore a 20 anni.
La pensione di vecchiaia
Peculiarità della pensione di vecchiaia è quindi un requisito contributivo non eccessivamente severo – 20 anni per l’appunto – a fronte di un requisito anagrafico ben più stringente: la cosiddetta età pensionabile per il 2022 è fissata a 67 anni (stabile quindi rispetto all’ultimo triennio) per tutte le categorie di lavoratori, vale a dire uomini e donne, dipendenti e autonomi.
Come già visto, infatti, affinché il soddisfacimento del fabbisogno previdenziale possa essere mantenuto nel tempo, il sistema prevede alcuni elementi di stabilizzazione, introdotti anche per permettergli di reggere alle trasformazioni demografiche in atto e, in particolare, al progressivo invecchiamento della popolazione: a tal fine, l’età pensionabile è quindi soggetta a degli adeguamenti periodici, in funzione della cosiddetta “speranza di vita”. Se la speranza di vita aumenta, aumenta cioè anche la soglia anagrafica da raggiungere per poter accedere alla pensione di vecchiaia. In particolare, a partire dal 2019 l’adeguamento avviene con frequenza biennale (in precedenza era invece triennale): questo vuol dire che il primo adeguamento dei requisiti con la nuova modalità sarebbe stato previsto per il biennio 2021-2022. Con il decreto del 5 novembre 2019, il MEF ha tuttavia stabilito, sulla base delle rilevazioni Istat sulla speranza di vita media, che il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia resterà fermo a 67 anni anche per il biennio 2021-2022. Con il successivo decreto datato 27 ottobre 2021, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha inoltre già anticipato che, anche per il 2023, non è previsto alcun incremento dell’età pensionabile, ancora ferma dunque a 67 anni.
Per quanto riguarda i contributi considerati, occorre precisare che, ai fini del raggiungimento dei 20 anni, vale la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato: si considerano cioè egualmente “validi” contributi da lavoro, da riscatto, figurativi e versamenti volontari.
Attenzione! Il doppio requisito 67 anni d’età e 20 anni di contribuzione è valido in linea di massima, ma sono ovviamente previste alcune eccezioni, tanto che si può dire che, nel complesso, l’età di accesso alla pensione di vecchiaia varia per il 2022 dai 66 ai 71 anni. In particolare:
- Per i lavoratori che non soddisfano il requisito contributivo ventennale, è possibile ottenere la pensione di vecchiaia – spesso definita anche “pensione di vecchiaia contributiva” - a 71 anni (requisito a propria volta soggetto ad adeguamento demografico) a fronte del versamento di 5 anni di contributi, nei quali non sono però compresi in questo caso di contributi figurativi
- Per i cosiddetti “contributivi puri”, vale a dire per quei lavoratori il cui primo versamento contributivo sia successivo alla riforma Dini e quindi decorra dall’1 gennaio 1996, il doppio requisito anagrafico e contributivo non è in realtà sufficiente, ma ne è previsto un terzo, vale a dire aver maturato una pensione di importo superiore a 1,5 volte l’assegno sociale(468,10 euro x 1,5 = 702,15 euro per il 2022). Laddove il requisito non sia soddisfatto, non è quindi possibile ottenere la pensione: è possibile prescindere da tale requisito solo al raggiungimento dei 71 anni di età (“pensione di vecchiaia contributiva”), quando sarà cioè possibile ottenere l’accesso al proprio assegno pensionistico a prescindere dall’importo maturato
- Per quanti avevano maturato al 31 dicembre 1992 almeno 15 anni di anzianità contributiva, possono bastare appunto anche solo 15 anni di contribuzione, a condizione che venga comunque soddisfatto il requisito anagrafico. A questo proposito occorre infatti precisare che la cosiddetta riforma Monti-Fornero ha di fatto “parificato” il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia tra i cosiddetti “contributivi puri” e quanti invece al gennaio 1996 avevano già una posizione assicurativa avviata, ma per quanto riguarda invece quello contributivo la circolare INPS 16/2013 dispone invece delle possibili deroghe
- Per i lavoratori che svolgono le “mansioni gravose” individuate come tali per legge, viene congelato anche per l’anno in corso l’adeguamento alla speranza di vita: questi lavoratori potranno cioè anche quest’anno accedere alla pensione di vecchiaia con 66 anni e 7 mesi di età (a condizione però di essere in possesso di almeno 30 anni di contributi e di aver maturato una pensione di importo non inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale)
- Per chi accede alla pensione di vecchiaia tramite totalizzazione, vale a dire “totalizzando” i contributi versati nel corso della propria vita lavorativa i contributi versati a più gestioni (Casse di Previdenza dei liberi professionisti comprese), il requisito anagrafico “scende” a 66 anni di età. Va però ricordato, che tra il diritto alla pensione e l’erogazione del primo assegno intercorrere comunque una finestra di ben 18 mesi.
In linea di massima, la pensione di vecchiaia decorre dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è stata raggiunta l’età pensionabile oppure, nel caso dei “contributivi puri” che non soddisfino al raggiungimento della soglia anagrafica anche il requisito relativo all’importo dell’assegno, dal mese successivo al soddisfacimento di tale requisito.
La pensione di anzianità
La pensione di anzianità così come intesa in passato (35 anni di contributi e requisito anagrafico in ultimo pari a 62 anni o 40 anni di contributi) non esiste più: pensata in origine per permettere al lavoratore che avesse raggiunto una determinata anzianità contributiva di andare in pensione a prescindere dall’età, è stata infatti dapprima modificata nel 2004 mediante l’introduzione di requisiti aggiuntivi rispetto a quello contributivo e quindi del tutto “pensionata” dalla riforma Monti-Fornero che l’ha nella pratica sostituita con la pensione anticipata, che consente comunque al lavoratore di andare in pensione prima della soglia anagrafica prevista dalla pensione di vecchiaia a fronte di un certo numero di contributi.
Mediante appositi provvedimenti legislativi sono stati comunque “salvaguardati” alcuni assicurati che, ritenuti nella posizione di dover comunque essere tutelati dal sistema previdenziale, hanno potuto in via eccezionale conservare l’accesso alla pensione con le regole ante Fornero.
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News » ECONOMIA E POLITICA | martedì 04 gennaio 2022
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