Enzo Bearzot e quell'incontro fortuito1927-2010

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Enzo Bearzot e quell'incontro fortuito1927-2010

di Francesco Alessi

Spesso a Belluno piove, ma quel 3 marzo di 14 anni fa era invece una bella giornata di sole. Festeggiavo i miei 32 anni con i genitori in mezzo al bosco, in una baita vicino Auronzo, col desiderio di mangiare polenta e capriolo e, perché no, bere anche un buon vino. Stavo entrando all'interno della baita.. eh beh vidi l'uomo. Ricordo la prima impressione: "Ma questo dove l'ho visto"? Soltanto quando mi sedetti accanto, dentro me maturò il ricordo, un ricordo, che si faceva via via più nitido man mano che osservavo il profilo del volto, gli zigomi alti, da friulano temprato al gelo e al lavoro, dal naso storto, inconfondibile. Era lui, il diretto responsabile di una gioia immensa. Era l'uomo che avevo visto volare 21 anni prima, quello per cui mio padre mi aveva messo con una bandiera italiana sul tettuccio della nostra peugeot azzurra a gridare ed esultare insieme a tantissimi altri. Anche il viso era rimasto uguale, i lineamenti non erano stati intaccati dai capelli bianchi. Era lui. Era l'uomo fra i "campioni". Avrà pensato:  <<Eccone un altro...ma cosa vuole, perché non mi lascia in pace, dopo tutti questi anni mi tocca dire - sì sono io -...>> E fu così che il dialogo iniziato in modo surreale, sarebbe continuato per quelle due ore vicini. Adesso eravamo due commensali. Il vino si sa, scioglie le parole, abbatte le barriere. È così che io ebbi il secondo privilegio di quella giornata: parlare con l'uomo che stava seduto al mio fianco come se fosse un vecchio conoscente. <<Io l'avevo detto ragazzi....occhio che quando questi delle pay tv entreranno sconvolgeranno le regole del calcio. Incominciarono col parmigiano, poi non si sarebbero fermati più. A quel punto me ne sono andato>>. A quel punto qualsiasi cosa avessi aggiunto sarebbe stata superflua. Stava dando la sua versione, ed era quella vera. Chiunque si ricordi il passaggio alle tv commerciali tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90 potrebbe dire che quello era un altro calcio. La cosa gli stava molto a cuore. La moglie lo osservava dall'altra parte del tavolo mentre parlava con me. Il suo silenzio denunciava la sofferenza dell'uomo, del compagno di una vita. Anche lei pensavo. Una vita agiata al prezzo di un'assenza. Perché, per quanto lo avesse scelto sull'altare molti anni prima, quell'uomo non sarebbe potuto essere soltanto suo. L'accento lombardo tradiva una conoscenza vaga di quei luoghi.  Ecco, forse taceva anche per quello. L'uomo stava immerso nelle montagne dal Friuli al Veneto e all'Alto Adige.  Era a casa in qualche modo. Una casa dove raramente tornava. <<Eh sì a lui piace fare il RESENTIN>> che significa mettere la grappa nel caffè, nello zucchero lasciato dal caffè sul fondo della tazzina. Già. Timidamente proposi una foto. Mi disse no facendomi un sorriso io mi scusai e lo stesso fece lui in qualche modo. Non volle essere scortese. Ma era abituato ad andarci giù duro e si vedeva. Ripensandoci fummo bravi entrambi. Il tempo, grazie a tutti e due, non era passato. L'interesse era reciproco. Stava parlando con me lui giustificava delle scelte e io lo ascoltavo, nessuna domanda. Solo il "la". E quando, alzatosi dopo aver salutato per andare via, lo vidi trattare a muso duro chi gli chiedeva foto e autografi in quello spazio ridotto, pensai che quella gente non aveva niente a che spartire con lui. Avevano visto il campione, anche loro, come me. Ma non avevano riconosciuto l'uomo. Se avessero avuto lo stesso privilegio mio, non gli avrebbero chiesto nulla. Si sarebbero accontentati di quel sorriso un po' così e di quell'"Arrivederci" che in certi casi non è mai un arrivederci. Lo vidi andare su una grossa BMW targata Como insieme alla moglie. Ma sì....chissà...arrivederci mister..arrivederci, come dite voi friulani..."mandi" mister Enzo Bearzot.

Vincenzo Bearzot, detto Enzo, Aiello del Friuli (UD) 26 Settembre 1927 – Milano, 21 Dicembre 2010

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Roberto Dall'Acqua

«Primo: non prenderle! Secondo: è imperativo, vincere. Terzo: non c'è un terzo punto perché i primi due han già detto tutto».(Enzo Bearzot, battuta rilasciata nel pomeriggio del 5 luglio 1982, prima della partita Italia-Brasile, vinta dall'Italia per 3-2). Bearzot, allenatore di calcio e calciatore italiano, di ruolo difensore o mediano. Conduce la nazionale italiana durante il campionato mondiale di calcio 1982, vinto dagli Azzurri. Soprannominato "Vecio" (vecchio), ha il record di panchine da commissario tecnico della nazionale italiana, davanti a un altro C.T. storico della Nazionale italiana, Vittorio Pozzo, fermo a 97 presenze. Bearzot guida l'Italia 104 volte, dal 27 settembre 1975 al 18 giugno 1986. Muore il 21 dicembre 2010 a Milano all'età di 83 anni, quarantadue anni esatti dopo Vittorio Pozzo. Un anno dopo la sua morte è istituito un premio eponimo in suo onore, il "Premio Nazionale Enzo Bearzot", per il miglior allenatore italiano dell'anno. Inizia a giocare come mediano-difensore nella squadra di Aiello del Friuli, suo paese natale vicino Udine, nel 1946 va alla Pro Gorizia, in Serie B. Nel 1948, dopo 39 presenze e 2 gol, va all'Inter. Qui in 3 stagioni gioca solo 19 partite (il suo esordio in maglia nerazzurra il 21 novembre 1948, nella partita di campionato vinta 3-1 contro il Livorno) e nel 1951 passa al Catania. In tre anni colleziona 95 presenze in Serie B e 5 reti. Nel 1954 va al Torino e, in 2 stagioni da titolare, gioca 65 incontri, un solo gol. Nel 1956 torna all'Inter: in una stagione colleziona 27 presenze, l'ultima delle quali fu una sconfitta per 3-2 a Bologna il 9 giugno 1957. L'anno dopo torna al Torino. Qui, dopo 164 presenze e 7 gol, nel 1964 chiude la carriera da giocatore per intraprendere quella da allenatore. In totale Bearzot disputa 251 partite nella massima serie, di cui 46 nell'Inter e 205 nel Torino. Da calciatore ottiene anche una presenza in Nazionale contro l'Ungheria, dove marca il grande Puskás. Dopo il ritiro dall'attività agonistica, nel 1964 Bearzot inizia l'apprendistato tecnico sulla panchina del Torino, prima come preparatore dei portieri e poi come assistente di Nereo Rocco, poi di Edmondo Fabbri e, successivamente, nella stagione 1968-1969, diventa allenatore del Prato, in serie C, in sostituzione di Dino Ballacci da gennaio in poi. In seguito entra nei quadri federali, inizialmente come allenatore delle giovanili (Under-23 all'epoca), ma presto è promosso assistente di Ferruccio Valcareggi nella Nazionale maggiore e quindi a vice del suo successore, Fulvio Bernardini. Nel 1975, dopo i Mondiali di Germania Ovest del 1974, fu nominato commissario tecnico (condivide la panchina con Bernardini fino al 1977), ma fallisce le qualificazioni al Campionato europeo di calcio 1976. I primi frutti del suo lavoro, per cui adotta lo schema tattico applicato con successo nella Juventus allenata da Giovanni Trapattoni, di cui i suoi giocatori costituirono l'asse portante si vedono nei Mondiali del 1978, che la nazionale di Bearzot termina al quarto posto, esprimendo il miglior gioco della manifestazione; e nell'Europeo del 1980, giocato in Italia, nel quale raggiunse la stessa posizione. Il Mondiale di Spagna nel 1982 non inizia sotto i migliori auspici. Bearzot fu aspramente criticato dalla stampa per alcune scelte ritenute controverse, come la convocazione di Paolo Rossi reduce dalla squalifica per lo scandalo del Totonero e l'esclusione di Roberto Pruzzo, fresco capocannoniere della stagione 1981-1982. I modesti risultati nella prima fase inducono Bearzot e la squadra a introdurre la novità del silenzio stampa. Nella seconda fase la squadra si trasforma dalla forza morale del gruppo e da alcuni cambiamenti tattici e di formazione operati da Bearzot, come l'inserimento di Gabriele Oriali e di un giovane Giuseppe Bergomi tra i titolari, e si giova dell'esplosione di Paolo Rossi. Gli Azzurri battono in successione l'Argentina, il Brasile, la Polonia in semifinale e la Germania Ovest per 3-1 in finale. La Nazionale italiana di quel Mondiale fu l'unica nella storia del torneo a battere, una dopo l'altra, le detentrici dei 3 precedenti titoli, ovvero Argentina (campione nel 1978), Germania (1974) e Brasile (1970). Bearzot paga il debito affettivo e di gratitudine con il gruppo campione del mondo: non rinnova radicalmente la rosa e manca la qualificazione all'Europeo del 1984, per dimettersi dopo il non brillante campionato mondiale di calcio 1986, nonostante avesse un contratto fino al 1990. L'11 luglio 1993 festeggia nel migliore dei modi l'undicesimo anniversario del titolo mondiale: alla guida della Nazionale italiana Over-35 (una rappresentativa di vecchie glorie, fra cui molti campioni del 1982) vince il titolo mondiale di categoria a Trieste contro l'Austria. Dal 2002 al 2005 è presidente del Settore Tecnico della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Nel luglio 2003 un gruppo di deputati della Casa delle Libertà propone la nomina di Enzo Bearzot a senatore a vita con la motivazione «Ha sempre difeso l'etica dello sport», secondo quanto scritto nella lettera a Carlo Azeglio Ciampi. Bearzot muore il 21 dicembre 2010 e oggi riposa nella tomba di famiglia del cimitero di Paderno d'Adda, vicino Milano.

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