Trame, un ricamo nel cuore

10 aprile 2025

Quando quattro voci diventano memoria viva

C’è un momento, a teatro, in cui tutto si ferma. Non respiri. Non pensi. Guardi. Trame comincia così: quattro donne, quattro figure che si muovono dentro una sartoria. Non si conoscono per nome. Si chiamano per anno di morte. E da subito capisci che non sei venuto a vedere uno spettacolo. Sei venuto a sentirlo.

Sul palco, la forza di un racconto che sfugge ai confini del tempo. Le protagoniste, con corpi vivi e occhi che parlano prima delle parole, ci portano in un altrove malinconico e denso. Un luogo che non è più sartoria, ma tempio della memoria.

Non puoi distrarti. Devi rimanere vigile.
Ogni gesto, ogni parola, ogni silenzio è un indizio.
Perché Trame è un puzzle dell’anima: solo seguendo il filo di emozioni e monologhi intensi, scoprirai – senza bisogno di nominarle – le identità straordinarie delle protagoniste.

La narrazione si costruisce in un crescendo intimo e commovente: monologhi potenti, sospesi tra arte, dolore, passione e sconfitta. Ogni gesto è misurato, ogni parola è una ferita che si cuce e si riapre. Le emozioni passano come aghi sotto pelle: malinconia, stupore, rabbia, empatia. Nessuna scivola via. Tutte restano.

Le loro storie – cucite dentro testi di rara intensità – parlano di talento, ingiustizia, resistenza. Ma soprattutto parlano di donne. Donne che non si sono lasciate zittire. Donne che hanno lottato contro un mondo che cercava di cucire loro addosso un ruolo, un silenzio, una gabbia.

Ogni personaggio è unico, ma i fili che le uniscono sono universali: la forza, la vulnerabilità, il bisogno di essere riconosciute.
Trame non è solo uno spettacolo: è un atto di memoria, una preghiera laica, una scintilla che resta sulla pelle molto dopo l’ultima battuta.

Non si tratta solo di teatro. “Trame” è un rito laico di ricordo, di riconciliazione, di giustizia.

Le attrici – Cinzia Brugnola, Ketty Capra, Laura Carroccio, Maria Carolina Nardino – sono perfettamente in sintonia. Nessuna prevale sull’altra: si muovono come strumenti diversi di una stessa orchestra, capaci di suonare ognuna la propria nota in un’armonia vibrante.

La regia di Silvia Beillard è essenziale, chirurgica. Toglie il superfluo e lascia parlare il necessario. Le luci, i silenzi, i dettagli scenici: ogni elemento sembra essere stato messo lì per far risaltare il non detto.

Lo spettacolo si ispira al libro Femmes di Silvia Bragonzi, e lo fa con un rispetto profondo, scegliendo la via dell’evocazione, mai della didascalia. Nessuna biografia, nessuna lezione. Solo verità incarnate.

Alla fine, qualcosa ti resta addosso. Un nome? Forse. Una frase? Probabile. Ma più di tutto ti resta quella sensazione rara e preziosa: di aver vissuto qualcosa che va oltre. Un ricamo sottile nel cuore. Una trama che non si dimentica.

 

di Giorgia Pellegrini

Foto libere da copyright

Video Roberto Dall'Acqua

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