Diamante, la sagra che profumava di pane si è sporcata di silenzio
14 agosto 2025
Due morti e quattordici intossicati: il Clostridium botulinum rovina la festa del cibo di strada. Sotto accusa una verdura in olio. Indagini serrate, paese sconvolto.
A Diamante, in Calabria, la sera sapeva di basilico, di pane caldo e di vino versato nei bicchieri di plastica. Era il festival del cibo di strada, appuntamento che ogni anno trasforma il borgo in una cartolina vivente: bancarelle illuminate, mani unte che stringono panini, musicisti che strappano note allegre da strumenti sgangherati. Poi, tutto è cambiato in un battito di ciglia. Due persone, Tamara D’Acunto, 45 anni, e Luigi Di Santo, 52, sono morte dopo aver addentato un panino. Altri quattordici sono finiti all’ospedale, cinque in terapia intensiva. Il nemico era invisibile: il Clostridium botulinum, un batterio che si insinua in conserve e sott’olio e, una volta entrato, può trasformare una cena in un addio.
Gli inquirenti hanno sigillato il food truck incriminato e aperto un’indagine che coinvolge dieci persone, tra gestori e fornitori. Il sospetto è puntato su una verdura “simile al broccolo” conservata in olio: aspetto innocuo, sapore rustico, veleno mortale. Gli esperti parlano di cattiva conservazione, di catene del freddo spezzate, di errori banali che costano vite. In paese, la gente parla invece di fatalità, di una “malasorte che non si augura neppure a un nemico”.
La piazza, che pochi giorni fa ospitava file allegre di turisti in attesa di un cartoccio di fritto, ora ha il passo lento e lo sguardo basso. C’è chi ricorda il momento in cui le sirene hanno squarciato l’aria: “Pensavamo a un malore, poi abbiamo visto le barelle e capito che stava succedendo qualcosa di brutto. Ma non così brutto.” I racconti si intrecciano con il senso di incredulità: una festa di paese è, per definizione, il posto dove ci si rilassa, non dove si muore.
La Procura di Paola lavora senza tregua: campioni inviati ai laboratori, interrogatori a catena, controlli sulle forniture. Nel frattempo, l’eco dell’accaduto ha varcato i confini regionali: da Nord a Sud, il caso alimenta timori sul cibo di strada e sul rischio nascosto dietro l’etichetta “artigianale”.
Ma oltre i dati, le carte e i verbali, resta una domanda che non trova pace: quanto basta per trasformare una festa in tragedia? Forse solo un morso. E a Diamante, quell’unico morso è diventato una ferita che il tempo farà fatica a chiudere.
di Giorgia Pellegrini
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