GIORGIA DEIDDA - ILLUMINATA DALLA POESIA DI MONTALE
04 novembre 2023
di Roberto Dall'Acqua
Giorgia Deidda, ha 29 anni e proviene da Orta Nova, un paesino in provincia di Foggia. Dopo aver studiato Lingue all’università di Bari, vive lì per circa 3 anni in un collegio e poi a Bitonto, una città diroccata in provincia di Bari, dove ha dato vita a 2 romanzi.
Scrittrice biografico-confessionale, sulla scia di poetesse quali Sylvia Plath, Amelia Rosselli, Anne Sexton, pubblico in gran parte sillogi poetiche. Descrive con minuzia il dolore, la passione, la melanconia. Le poesie gotiche hanno anche, in parte, influenzato la sua scrittura.
Deidda pratica Slam Poetry da 2 anni; la Slam Poetry è una gara tra poeti che recitano i loro versi a memoria rivolgendosi al pubblico che decreterà il vincitore. La scrittrice è un’artista a tutto tondo, adora l’arte in generale, in tutte le sue forme; infatti dipinge, canta e suona il pianoforte da diversi anni. Nelle tracce della sua arte pittorica, ad esempio, s’ispira all’espressionismo viennese, in particolare a Munch e Schiele.
- Come nasce Giorgia il tuo amore per l’arte? Preferisci dipingere, scrivere o suonare?
Il mio amore per l’arte mi è stato tramandato dai miei genitori; mia madre lettrice e mio padre che mi insegnava “Per Elisa” al pianoforte. A 6 anni riuscivo già a riprodurla celermente. Poi ho continuato gli studi del pianoforte, abbinandoli alla danza classica. È stato a 13 anni, con una poesia di Montale a scuola, che ebbi un’illuminazione; la poesia sarebbe stato l’unico spioncino, l’unico lumicino che mi avrebbe accesa del tutto. Fino ad allora mi sentivo incompleta. Corsi dal mio libraio di fiducia e comprai “Ossi di seppia”. Fu lì che cominciai a scrivere poesie.
- “Scrivere poesie non è difficile. Difficile è viverle” diceva Charles Bukowski. Che ne pensi?
Chi mi conosce bene sa che non amo particolarmente Bukowski, forse per la rozzezza dei suoi scritti, di cui riconosco però la veridicità. Preferisco la genialità di Miller. Però in parte è così; la bellezza della poesia sta tutto nel viverla, altrimenti rimarrebbe su un pezzo di carta, anche se la mente che la partorisce deve avere quel po’ di complessità in testa per allineare i pianeti.
- Gli italiani scrivono molto ma leggono poco. Perché?
Verissimo. Ho conosciuto persone che proponevano romanzi o chiedevano consigli su come scriverne uno, e quando chiedevo a chi si ispirassero rispondevano semplicemente che non lo sapevano, non avendo quasi mai letto. Lo trovo strano e quasi ripugnante, scrivere senza essere entrato nei meandri della mente di grandi scrittori. Io sono una spugna imbevuta di classici e da lì attingo la mia penna.
- Il tuo ricordo, personale o professionale, più emozionante.
Sicuramente la vittoria al secondo posto con Federico Moccia come giurato o l’essere comparsa su vari giornali. È sempre gratificante essere riconosciuta per ciò che scrivo.
- Esiste un filo rosso che lega i tuoi libri?
Il mio filo rosso è l’autobiografia; sono molto concentrata sulle mie vicende personali perché sperimentate in prima persona, ed è da lì che partono le mie storie, le mie poesie. Tutte di carattere diverso, con le loro peculiarità.
- Alejandro Jodorowski afferma: <<Il tempo asciuga il superfluo e conserva l’essenziale. Che ne pensi?>>.
Concordo pienamente con Jodorowski. Ciò che deve rimanere, resta. Ciò che è superficie vola via, è vibratile. Per cui atteniamoci in ogni campo della vita a questo; ché chi vuole restare — una penna, un libro, una persona — resta perché evidentemente importante, perché così dev’essere.
- Cosa c’è dietro l’angolo di Giorgia Deidda? Obiettivi e ambizioni.
Ho tante ambizioni; vivere della mia penna. Non per soldi ma per vita stessa. Vorrei scrivere e trarre continuamente ispirazione dalla vita e dalle sue vicende per poter continuare ad avere quella scintilla che mi permette di creare mondi, universi. Coltivare il mio orto artistico, con la pittura, con la dedizione che si dona alle piante. Un po’ d’acqua per il mio giardino, vederlo rigoglioso, con dei frutti; questo vorrei.
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