ALITALIA VOLA O NON VOLA?
20 maggio 2017
di Luca Goldoni
Se dovessi parlar male di Alitalia e di chi l’ha spolpata non saprei da dove cominciare: manager incapaci e rapaci, politici e sindacalisti emuli in cinismo, dipendenti che disdegnano assurdamente l’ultima scialuppa di salvataggio. Ma ora che è in gioco la sua sopravvivenza, dedico alla compagnia con l’A stilizzata in timone, un romantico amarcord. Ho viaggiato molto quando a volare (sui quadrimotori a elica) erano in pochi: diplomatici, giornalisti, i primi industrialotti del boom che andavano all’assalto del mondo dicendo verigùd, tenchiù e il resto in dialetto. Un’epoca in cui, a 10 mila metri, si mangiava caviale con posate di metallo e tovaglioli di cotone. I posti, non ancora pre assegnati, li sceglievano i passeggeri secondo tabù e scongiuri, chi si metteva in fondo “perché in coda ci si salva”, chi sceglieva stessa fila e stesso posto perché gli avevano sempre portato bene, chi si sentiva più sereno accanto all’uscita di sicurezza. Ricordo l’anziana signora che mi chiese, le dispiace se al decollo le tengo una mano?
Mia moglie Franca vanta sempre l’invito in cabina del comandante Picasso, al quale, anni prima, avevo dedicato un pezzo (“Gli acrobati del tramonto”) quando addestrava la sua pattuglia nei cieli romagnoli. Tornando da lunghe e remote trasferte, percepivo Alitalia come anticamera di casa: i quotidiani di giornata, l’invito ad allacciare le cinture in tutte le cadenze del nord o del sud, gli aperitivi con le etichette toscane, venete, siciliane. Dall’oblò dei primi voli AZ imparai a riconoscere le geometrie campestri della mia amata Emilia, gli aratri come pennini che tracciano linee perfette. La vita, quando declina, è un succedersi di addii. Agli affetti più cari, ma anche alle tenere consuetudini. Mi immalinconisce la scivolata d’ala della compagnia di bandiera, così come mi rattristerebbe la Ferrari ceduta a un emiro e riverniciata in verde-oasi, o un veto di Bruxelles contro la pasta e fagioli. Ecco perché, fra polemiche e risentimenti ho preferito il mio privatissimo requiem.
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