28 giugno 1940: l'accidentale morte di Italo Balbo1896-1940

Memoria per 28 giugno 1940: l'accidentale morte di Italo Balbo

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28 giugno 1940: l'accidentale morte di Italo Balbo1896-1940

di Giovanmni Curatola

Volontario nella Grande Guerra, da Alpino prima e negli Arditi poi. Indole turbolenta, è squadrista della prima ora e segretario del Fascio di Ferrara nei primi anni '20. Quadrumviro della Marcia su Roma, poi comandante generale della Milizia, quindi sottosegretario al Ministero dell’Economia Nazionale, ma soprattutto Ministro dell’Aeronautica e infine governatore della Libia. Fra il 1930 e il 1932 è ideatore di due trasvolate oceaniche senza precedenti, che gli regalano immensa popolarità, soprattutto negli Stati Uniti. Negli anni 1938 e 1939 programma due spettacolari, e anche lì inedite, colonizzazioni di massa in Libia, sulle orme di quanto già accaduto in Agro Pontino. Riceve in vita una ventina di onorificenze, fra cui una medaglia d’oro e due d’argento al valor militare. Parliamo, nell'85° anniversario della morte, del ferrarese Italo Balbo, mente cocciuta ma finissima, che l'ha portato a vivere sempre al massimo. In lui hanno sempre convissuto due Italo Balbo: lo spaccone sprezzante del pericolo e l’amministratore avveduto e generoso, l'intrepido uomo d’azione capace di imprese straordinarie e il saggio e lungimirante politico che pacifica prima e fa saggiamente fiorire poi una colonia.

Fu uno dei pochi gerarchi che dava del tu a Mussolini? Falso, glielo davano in tanti. Fu quello capace più di tutti di affrontarlo a muso duro? Verissimo, soprattutto il 31 dicembre 1924 quando irrompe nel suo studio per indurlo a rompere gli indugi dopo la crisi Matteotti. Mussolini diceva che sarebbe stato l’unico capace di ucciderlo, ma era solo un elogio al suo forte temperamento. Nota è l'avversione di Balbo sia alle leggi razziali che all’alleanza con la Germania, ma a parte questa differenza di vedute i due si si stimano troppo. La diceria che Mussolini lo relega in Libia per gelosia verso la sua crescente popolarità (specie dopo le trasvolate) è una grossa balla. In quella colonia, ancora arretrata e piena di faide, serve qualcuno che porti ordine e sviluppo. E il Duce sceglie quanto di meglio ha a disposizione. Rispettato e stimato anche dai nemici, Balbo è ucciso nell'abbattimento del suo aereo nei cieli di Tobruk il 28 giugno 1940, per un tragico errore dalla contraerea italiana. L’aviazione inglese non manca di paracadutare l'indomani una corona d’alloro e un messaggio di cordoglio. Come sarebbe finita senza quell’incidente? Le ipotesi formulabilisono sono parecchie. Certo c’è che, per carisma e capacità, Balbo è senza dubbio il migliore degli uomini di Mussolini, e quello più indicato un domani a succedergli, forse ancor più del conte Ciano. Senz'altro sarebbe il più gradito agli Alleati.

La tomba di Italo Balbo sarebbe ancora a Tobruk se, nel 1970, a seguito della cacciata degli italiani dalla Libia voluta da Gheddafi, non fosse stata riportata in patria. Balbo oggi non riposa dunque più  fra le duce costiere di quell’Africa che aveva governato facendo convivere pacificamente italiani e arabi, cattolici e musulmani. Non più fra quelle lande, un tempo assolate, che rese giardini fertili e irrigati, dove fondò una decina di villaggi per i contadini italiani e altrettanti per gli indigeni, dei quali pretese da Roma l'ottenimento della cittadinanza italiana. Non riposa più in quella Libia che modernizzò, aprì al turismo (aree archeologiche di Leptis Magna e di Sabratha in primis), che dotò della più lunga strada mai vista in Africa sino ad allora (1.832 km), che porterà il suo nome (via Balbia) e che attraversava tutta la Libia dal confine tunisino a quello egiziano. Autodromi, galoppatoi, impianti sportivi, hotel, locali da ballo, lidi balneari e fiere (fra cui la lotteria di Tripoli) resero grazie a lui più allegra e gioviale la vita della “quarta sponda” (lo stesso Balbo, sensibile alla bella vita e al fascino femminile, tenne numerose feste al suo palazzo).

Oggi Italo Balbo riposa ad Orbetello, proprio da dove era partito il 17 dicembre 1930 (era già ministro dell’Aeronautica) con una squadriglia di 12 idrovolanti per una “crociera aerea” di oltre 20.000 km fra andfata e ritorno e che lo portò in 7 tappe in Brasile, a Rio de Janeiro. Mai nessun aereo aveva osato tanto. Sempre da Orbetello partì con la seconda spedizione, quella che celebrò il decennale della Marcia su Roma. Alle 4.47 del 1° luglio 1933 24 idrovolanti si alzarono in volo e 7 ore dopo planarono ad Amsterdam. La nebbia delle successive tappe in Irlanda e Islanda misero a durissima prova la spedizione. L’arrivo della flotta in camicia nera a Cartwight, nel Labbrador, e a Montreal fu salutato da banchetti e ricevimenti. Il 15 luglio, dopo 9.080 km totali di volo, Balbo giunse a Chicago. Il sindaco lo omaggiò delle chiavi della città e gli intitolò la 5° strada che ancor oggi porta il nome di Balbo Avenue. La comunità dei Sioux lo elesse capo dei pellirossa e giorno 19, a New York, milioni di persone si riversarono nelle strade tappezzate da coriandoli e festoni dove passò la prima squadriglia al mondo giunta dall’Europa via cielo. I ricevimenti delle comunità italo-americane e la visita alla Casa Bianca voluta dal presidente Roosevelt sugellarono quei giorni americani in cui l’Italia era sulla bocca di tutti, inorgogliendo non solo un centinaio di piloti e il loro paese ma soprattutto le numerosissime comunità italiane trapiantati oltreoceano. I giornali di tutto il mondo per una settimana non parlarono d’altro. Al ritorno in Italia, Mussolini volle far passare sotto l’Arco di Costantino quell’amico-eroe che meglio di chiunque altro stava simboleggiando l’Italia fiera, maschia e moderna che il regime si stava in quegli anni illudendo di creare.    

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