GIANLUCA D'ANDREA RICORDA IN "TRANSITO ALL'OMBRA"
20 novembre 2016
di Roberto Dall'Acqua
Un tracciato familiare, innervato dallo scorrere del tempo, è quello percorso da Gianluca D'Andrea nelle sue liriche raccolte in "Transito all'ombra" per Marcos y Marcos Editore. Memorie d'infanzia, consumate tra cartoni animati, partite di pallone in cortile, ma anche sole e mare che porta, non solo brezza sul viso e crea un dolce respiro, ma pure lezzo d'immondizia e di morte. La quotidianità ritorna, quasi immutabile, ne "la maestra sentiva tutti, ogni giorno, in tutte le materie" mentre tu "non fai che rispegnere lo schermo e vivi il vuoto della fine, andando/in cerca del mistero che ti affligge, l’irripetibilità di quel mondo/che continua l’assenza e ripropone gli occhi degli scomparsi, quella luce, solo quella". I baci, la morte, l'infanzia di una gioventù disincantata e priva di benessere reale, annegata in un buco di presenza assenza che fa vomitare eccessi. Il mondo cambia, poi? "e buone porzioni di me perché potessi ricordare, un giorno, senza nostalgia, che il mondo può restare indiscusso, senza termine che sfondi/il confine o un campo senza recinzioni". Forse no perché tutto rimane immutabile e le schegge del tempo trascorso prendono il sopravvento, anche se foriere di cancro, futuro, inestirpabile e inevitabile. Come distanze siderali da un passato fondato dalle sequoie granite della famiglia e degli affetti che - in questi anni convulsi e veloci del terzo millennio - si sfaldano in "un orizzonte di resistenza/senza memoria d'immagine". Il privato diventa pubblico perché la poesia di D'Andrea si tuffa nell'universo dei fatti della vita: le guerre in Afghanistan, nei Balcani, i bambini trucidati a Beslan e quelli morti nel canale di Sicilia, i temi dell'inquinamento e della presa di conoscenza di una natura che muore sotto i nostri occhi. Tutto sempre intrecciato a domande che, quasi sempre, non hanno risposta. Immagini e ricordi e fratellanza perché "Sostengo le persone per sostenermi/in un bisogno reciproco che si dimentica eppure/andrebbe inciso e letto tante volte". Ognuno di noi, infine, è ancora un ragazzo in preda a domande: "Dai ragazzi una richiesta, ma riappare la necessità e la risposta rimane un miraggio./Loro fuggono nel loro universo, il mondo/è ricco di aperture e membrane,/i nostri universi si divorano, tangenti/o assiderati dal contatto fino a che appare/una scia che ti forza nei quartieri,/ai margini semivivi o in simbiosi con la morte".
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News » Il racconto della Domenica | domenica 20 novembre 2016
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