CALCIO - PALESTRA D’INCLUSIONE

24 febbraio 2020

di Giovanni Schiavo

Il calcio che vince è quello solidale. Il pallone , più umano e più vero, quello che punta allo “scudetto” dell’inclusione e dell’antirazzismo.

Così, nella Milano postmoderna delle skyline diffuse , l’antica tradizione della «città dell’accoglienza » sopravvive anche in certi spogliatoi globali che vanno dalla squadra jannacciana “residente” in via Ortles 69, a quelli della NoWalls.

Club quest’ultimo, nato nel 2018, raccogliendo migranti e richiedenti asilo sbarcati nel nostro Paese. Sono gli ultimi, i disperati, quelli che... anche Beppe Viola aggirandosi dalle parti del campo Scarioni se avesse assistito a una loro partita l’avrebbe adottata come la sua squadra del cuore.

Obiettivi dichiarati dal sensibilissimo e volontario organigramma: «Fare integrazione divertendosi. Creare un sistema di regole nel gioco. Fare squadra, aiutandosi. E poi due regole base: ci deve sempre essere una “quota bianca” di italiani in squadra e la violenza è semplicemente non accettata», dice il responsabile della dinamica società calcistica, l’avvocato Claudio Ceriani. Un affare di cuore e di famiglia: nelle “quote bianche”, tra i quattro calciatori italiani figura anche suo figlio, Lorenzo Ceriani. Claudio guida uno staff di professionisti «tutti volontari » che hanno deciso di «fare le cose per bene, con professionalità, umanità e pazienza, puntando sempre al “bello”.

Quindi, belle maglie, giocare su un bel campo e squadra affidata a un allenatore “vero”». Primi quattro mesi di allenamenti sotto la guida di Matteo Degli Agosti  mister delle giovanili dell’Inter e debutto nella World Cup.

Torneo organizzato da Acli Sport che, nella stagione 2018-2019, nel suo campionato Master a 11 ha ammesso la NoWalls tra le quattordici compagini in lizza per il titolo. Quest’anno avvio scoppiettante, 7 vittorie, sette pareggi, con la prima sconfitta arrivata proprio nell’ultimo turno. Una rosa solida e affiatata, composta da 25 giocatori, ma la voglia di far parte della NoWalls è tanta, e ha contagiato almeno una cinquantina di ragazzi provenienti da Nigeria, Gambia, Ghana, Marocco, Egitto, Afghanistan, Italia, Togo, Mali, Costa d’Avorio, Ecuador, Perù, Eritrea, Siria, Algeria, Albania, Kosovo, Senegal e Camerun. Al loro fianco ci sono sempre i “Seniores”, i calciatori-fondatori che se la giocano e se la ridono di gusto negli allenamenti settimanali e nelle partite miste del sabato o nei tornei solidali in cui non mancano mai. Sono dei garibaldini del football sociale, schierati in rigorosa «maglia rossa», le casacche messe a disposizione dai vari sponsor che hanno creduto ciecamente nel «Progetto».

«Alla prima squadra si unirà quella degli Juniores che sarà formata principalmente da ragazzi che frequentano le scuole pubbliche dove NoWalls svolge il servizio di doposcuola. Porte aperte anche ai minori non accompagnati che incontriamo nei centri di accoglienza, dove operiamo da tempo, o che frequentano le nostre classi di italiano», spiega l’avvocato Ceriani che continua a fare proseliti nella società civile meneghina. Volontari cercasi e trovasi. E chi entra in contatto con questa realtà rimane immediatamente ammaliato dallo spirito e l’energia che sa trasmettere. Paolo Savasta, 30 anni, uno dei quattro delle “quote bianche” è un giovane avvocato di una grande azienda: lo chiamano il “ragazzo dell’800”, per le sue buone maniere e una finezza innata. Gioca bene, ma lui timidamente sembra quasi scusarsi per questo. Eppure, è entrato subito nei cuori dei ragazzi... Paolo ride tanto con Malang, abbraccia Jawad, incoraggia Joof, rotola per terra con Lorenzo e scherza con Gori. Purtroppo giorni fa sulla chat, a malincuore, ha annunciato che deve lasciare la sua “nuova famiglia”... È “migrante” anche lui, a Londra: ha colto al volo l’occasione professionale della vita, non poteva rinunciare.

«I ragazzi dispiaciuti l’hanno salutato mandandogli brevi messaggi, un po’ sgrammaticati ma pieni di affetto e riconoscenza, in cui lo ringraziavano commossi per tutto il bene che ha saputo dargli in questi mesi», racconta Nicolò. «Go Paolo! and good luck!», è stato il messaggio di arrivederci e gratitudine per i suoi piccoli grandi assist di generosità quotidiana, come quelli compiuti da ogni singolo componente di questa squadra che punta ad abbattere tutti i muri. «L’esperienza con la NoWalls è la cosa più bella che mi sia capitata negli ultimi anni», dice un soddisfatto Paolo De Pietri Tonelli, noto commercialista milanese. «È un piacere a fine partita, dice l’avvocato Andrea Cingano, riaccompagnare a casa questi ragazzi come il maliano Madala Traorè... Dopo la prima sconfitta non parlava più, ma si è rifatto subito la volta dopo segnando quattro gol. Madala quel giorno era felice come un bambino».

Malang Tamba è il gigante buono, 34 anni, «l’uomo in più», in campo e fuori. Le tante cicatrici che porta impresse sulla pelle le nasconde (rivestendosi in fretta dopo la doccia) come i segreti di una vita segnata da un passato durissimo, da fuggiasco. Destino comune a tanti dei suoi compagni, per i quali Tamba è diventato un punto di riferimento, specie per i più giovani. Ngara Joof, 20 anni, nel suo drammatico esodo ha visto morire amici e parenti. Un dolore fitto come la nebbia che cala sul campo di Crescenzago, e la voglia di riscatto al 90’ si scioglie in un abbraccio con i compagni di squadra ma soprattutto con gli avversari. Perché qui regna il fairplay.

«Episodi di razzismo? Uno solo, con le altre 12 squadre avversarie diciamo che ci è andata bene – dice sorridendo l’avvocato Ceriani – . Però non bisogna mai abbassare la guardia e difendersi dal pregiudizio diffuso. Perciò anche la squalifica di quattro giornate a un nostro ragazzo - per un’entrata irregolare - contro le tre dell’avversario che l’ha preso per il collo, non ci deve lasciare indifferenti». Il ricorso al giudice sportivo è pronto e rapido quanto Jawad Tamman, «la mascotte» che pressa felice in mezzo al campo sognando Cristiano Ronaldo: «Il suo idolo – dicono i compagni – . Quando segna imita l’esultanza di CR7: gambe larghe e sguardo fiero, suscitando l’ilarità di tutto il gruppo». Jawad fa il cameriere in un ristorante di mozzarelle. Lavoro, istruzione più la vita da NoWalls, pongono a riparo dall’emarginazione e offrono orizzonti insperati di libertà. Ma non sempre la favola ha un lieto fine. E tra le tante vittorie conquistate sul campo, il volontario Giancarlo Scialangra fa la conta delle perdite e il rimpianto più recente che ha un nome, Khader.

«Il nostro “Don Chisciotte” algerino: era alla Caritas e doveva portare i documenti per richiedere un pasto caldo quando gli agenti lo hanno fermato. Due ore e lo conducono a Linate – racconta Giancarlo Riesco – . Il tempo di portargli una valigia che lo imbarcano: biglietto solo andata Linate-Roma-Roma-Algeri. Quel giorno abbiamo perso il “Capitano” che con la sua parlata unica (un misto di arabo, italiano, francese e spagnolo) ci raccontava le sue avventure. Ci incoraggiava a ridere a stare bene sempre, “perché – ha ripetuto fino all’ultima partita – la vita, malgrado tutto, è una cosa bella”». La pensa ancora così Khader che dall’Algeria si informa puntualmente dei risultati dei NoWalls, e i suoi compagni di squadra da Milano lo salutano anche stasera con un messaggio via social che attraversa il Mediterraneo: «Capitano per sempre, ti aspettiamo!»

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