Nushu, parole che gli uomini non potevano leggere

10 agosto 2025

Hunan, sud della Cina. Qui, tra risaie lucenti e colline avvolte dalla nebbia, un tempo le donne non avevano voce. Non era una metafora: leggere e scrivere era loro proibito. I pensieri restavano prigionieri nelle stanze di casa, tra stoviglie, ricami e silenzi.

Ma la voce, si sa, trova sempre una strada. E così, in un piccolo villaggio della contea di Jiangyong, un gruppo di ragazze inventò un codice segreto: 395 segni sottili e arcuati, delicati come fili di salice o falci di luna. Lo chiamarono Nüshu — l’unico sistema di scrittura al mondo creato da donne, per le donne.

Nüshu: linguaggio segreto delle donne cinesi La Mente è Meravigliosa

Era una lingua intima, fatta per confidarsi. Con quei segni componevano lettere, diari, canzoni e poemi. Li cantavano nelle riunioni tra amiche, li copiavano su ventagli, fazzoletti, abiti. Ogni testo era un frammento di sé, custodito lontano dagli occhi maschili. Non era previsto che durasse: alla morte della proprietaria, il manoscritto veniva sepolto con lei o bruciato, perché potesse raggiungerla nell’aldilà.

Per secoli, il Nüshu sopravvisse così: fragile, segreto, quasi invisibile. Poi, nel 1982, il destino cambiò. In un magazzino polveroso vennero trovati i primi manoscritti ancora intatti, risalenti alla tarda dinastia Qing. Circa cinquecento testi riemersero dal silenzio, raccontando la vita delle donne nella Cina patriarcale: storie di obbedienza e resistenza, di saggezza e dolore. C’erano avvertimenti sul parto, consigli sull’educazione dei figli, ma anche pianti, maledizioni e desideri di fuga.

Scrittura giapponese donne segreta: la storia del Nushu

Tra quelle righe, aforismi che oggi suonano modernissimi: “C’è solo una luna nel cielo, solo una te nel mondo”. “Prima di tutto diventerò me stessa”. “L’ambizione è necessaria, e il cuore delle ragazze non ne manca”.

Le immagino, quelle donne, piegate su un foglio, a incidere con mano ferma la propria esistenza. Lo facevano per sopravvivere alla noia, alla reclusione, alla fatica quotidiana. Lo facevano per restare vive, anche quando il mondo diceva che non contavano.

Forse per questo, nel 1993, tra queste colline è stata trovata una moneta di rame con inciso: “Sorelle delle donne del mondo”. Nessuno sa chi l’abbia coniata, ma è facile immaginare che, da qualche parte, una di loro stesse pensando anche a noi. Così lontane. Eppure, così vicine.

di Giorgia Pellegrini

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