FUOCHI DI SANT'ANTONIO A ORANI

16 gennaio 2017

Testo e foto di Paolo Brundu

Anche quest'anno, il 16 gennaio, ad Orani, si ripete la magia dei fuochi di Sant'Antonio, in onore, appunto, di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali domestici e del fuoco. Come da tradizione, la vigilia della festa inizia con la celebrazione della Santa messa, nella Chiesa del Rosario, preceduta dall’accensione di un grande falò, allestito in uno spiazzo accanto alla chiesa stessa e seguita dalla sua benedizione dopo aver fatto tre giri attorno al fuoco con la statua del Santo presa in spalla dai Confratelli del Rosario. Alla fine della funzione viene offerto "su pistiddu" ai presenti e viene portato nelle case dei malati. A seguire, vengono accese tutte le altre cataste di legna dislocate nei vari rioni del paese.

Tale venerazione è dovuta, secondo una leggenda logudorese, all’aiuto che questo santo diede quando, non essendo ancora stato scoperto il fuoco, gli uomini, infreddoliti, si rivolsero a lui. Egli, col suo bastone e il suo maialino, scese all'inferno. I diavoli, avendo sentito bussare e vedendo che non si trattava di un peccatore, lo mandarono via. Sant’Antonio insisté chiedendo loro di aprirgli le porte per consentirgli di riscaldarsi. I demoni replicarono: “Se vuoi, lasciamo entrare il maialino, ma tu non puoi entrare”. Così fu. Appena furono aperte le porte degli inferi, il maialino entrò e gettò scompiglio in tutto l'inferno.

I demoni impauriti aprirono le porte e chiesero a S. Antonio di portarlo via. Il Santo col suo bastone toccò il maialino che, subito, si calmò, cosicché lui poté restare a scaldarsi, percuotendo di tanto in tanto col suo bastone alcuni demoni, i quali, indispettiti, presero il bastone e lo gettarono nel fuoco. Vedendo ciò, il maialino riprese a fare trambusto finché il Santo non riebbe il suo bastone e poté così uscire dall’Inferno assieme al maialino. Il bastone di S. Antonio era di fèrula, pianta dal midollo spugnoso che, quando entra in contatto con una scintilla, brucia all'interno senza che si noti all'esterno. Per tale ragione i demoni non si erano accorti che S. Antonio aveva approfittato della situazione per rubare il fuoco. Tornato sulla terra, egli agitò il suo bastone dalla punta infuocata come segno di benedizione, emettendo una serie di scintille e portando, così, il fuoco sulla Terra. La devozione dei Sardi per questo santo è plurisecolare. Infatti, ogni anno sia gli adulti che i più giovani, si riuniscono per formare dei gruppi che procurano legna da ardere in occasione della festa.

La vigilia della festa si sta in compagnia attorno ai falò, tra canti, balli, vino, “sas cathas”, le zeppole fritte, tipiche della Sardegna, e “su pistiddu”, dolce tipico oranese. La cena della vigilia è composta da “ava e lardu” (fave con lardo). Inoltre, da qualche anno, ad Orani, anche i “Bundhos” (demoni) escono in giro per i fuochi. “Su Bundhu”, metà uomo e metà bue, è la maschera tradizionale del paese, costituita da un mantello che avvolge tutta la figura, oppure da un cappotto munito di cappuccio, entrambi di orbace. Il volto è coperto da una maschera di sughero. Reca sempre un bastone, “su trivùthu” (il tridente), con il quale viene mimato il gesto della trebbiatura, ossia, della separazione del grano dalla paglia. Questa maschera rappresenta i figli del dio del vento: infatti, con le loro urla emettono il suono del vento di bufera e quello del bue. Con i fuochi di Sant'Antonio in tanti centri della Sardegna si dà anche inizio al Carnevale.

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