ANNI ‘90: IL VERO SBALLO DELL’ANALOGICO
18 ottobre 2018
Il nostro sballo, era violare una regola - in quegli anni - una semplice regola; era proprio quel “qualcosa in più” e non mi convertirò, mai, dicevo, per questo motivo, al digitale, perché la mia anima non sa farlo.
Non comprenderò mai l’esigenza di bloccare le persone che conosci su un telefono, come se non fossero mai esistite, come nel film di Michel Gondry. “Se mi lasci, ti cancello”.
Sono cresciuta con il mio “chiodo”, nero, esausto, da indossare in tutte le stagioni.
Sono andata a tutte le feste dei miei compagni di classe, a casa, trasgredendo solo sull’orario e, vi assicuro, che ci divertivamo davvero tanto.
Quando un ragazzo voleva fidanzarsi negli anni Novanta - in quegli anni immaturi, diventati ora un cult - con noi ragazze di quegli anni, ci chiedeva <<Ti vuoi mettere con me?>>.
Ergo, io gioco a fare la digitale, ma non lo sono e non potrò mai saperlo cosa significa, essere digitale, oggi.
Non saprò mai davvero cosa significa idealizzare, perché sono andata a scuola sotto la pioggia (e lì dovevamo indossare sempre o spesso un sorriso, come forma di rispetto per l’autorità) e mostrarci interessati alla lezione, anche se non vedevamo l’ora che suonasse il campanello della ricreazione, per uscire fuori.
Sì, forse non sarò mai un vuoto a perdere; non saprò mai cosa significa togliere il saluto o bloccare le persone che conosci già, su quello che è semplicemente un mezzo, come fa il correttore automatico, perché li ho vissuti gli anni Novanta, cancellando con la gomma le scritte, a matita, perché a penna non si poteva più cancellare e le scritte erano indelebili negli anni Novanta.
Sì, erano indelebili, proprio così.
Era troppo tardi.
E lo era nei miei jeans consumati, sempre gli stessi.
Tratto da: http://www.psicobaci.com/diario/il-vero-sballo-anni-novanta/
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News » PSICOBACI di Clelia Moscariello | giovedì 18 ottobre 2018
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