Missione posidonia, il silenzioso miracolo del mare

20 agosto 2025

Sui fondali dell’Isola del Giglio, silenziosi da decenni, qualcosa ha ricominciato a respirare. Non è leggenda, non è illusione ottica: è la Posidonia oceanica che torna a stendere i suoi tappeti verdi sul fondo marino, come un antico re che riprende possesso del suo regno.

Questa pianta, che di oceanico ha soltanto il nome, è in realtà un cuore segreto del Mediterraneo. Produce ossigeno come una foresta sommersa, trattiene la sabbia come un baluardo invisibile, offre riparo a migliaia di creature che senza di lei vagherebbero spaesate. Eppure, negli anni, ancore distratte, miniere rumorose e tempeste l’hanno strappata via, riducendo intere praterie a deserti d’acqua.

Il ripristino della Posidonia oceanica

Ma ora, nella baia di Campese, qualcosa è cambiato. Un esercito di mani pazienti – ricercatori della Sapienza, sub, biologi – si è immerso per raccogliere piantine spezzate, destinate a marcire, e le ha ripiantate nel fondale come si ripiantano speranze. Più di 2.500 frammenti sono stati affidati al mare, fissati con picchetti che spariranno col tempo, lasciando intatta la nuova vita. È un gesto minuscolo, se paragonato alla vastità del mare, ma enorme per la sua forza simbolica: restituire futuro a ciò che sembrava perduto.

A rendere possibile questo intervento c’è “Le Città che respirano”, il progetto lanciato da Nespresso insieme a Legambiente e AzzeroCO2, che dopo aver ridato fiato a migliaia di metri quadri di aree verdi in Italia ha deciso di spostarsi sott’acqua, là dove il respiro diventa silenzioso. Non più solo alberi e parchi, ma veri boschi marini.

«La perdita della Posidonia è una ferita che altera in modo permanente l’equilibrio delle coste mediterranee», spiegano i ricercatori. Per questo ogni talea ripiantata vale come un riscatto: un filo d’erba marina che torna a intrecciarsi con gli altri e a costruire quella “matte” compatta, terreno e memoria insieme, che solo il tempo può consolidare.

Rifiorisce la posidonia oceanica nei fondali dell'isola del Giglio -  intoscana

Il progetto non si ferma qui. Nei prossimi due anni gli scienziati torneranno a controllare, a misurare, a vegliare su queste nuove radici. E intanto, chi nuota in quelle acque non sa forse che sotto di sé, metro dopo metro, il mare sta scrivendo la sua pagina di rinascita.

Forse un giorno, guardando i fondali del Giglio, ci dimenticheremo che furono mai deserti. E penseremo che sia stato sempre così: prati ondulati che respirano, custodendo segretamente il battito del Mediterraneo.

di Giorgia Pellegrini

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