Alessandra Macrì - Scrivere oltre il buio2/4/2022

Memoria per Alessandra Macrì -  Scrivere oltre il buio

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Alessandra Macrì - Scrivere oltre il buio2/4/2022

di Roberto Dall'Acqua

Il Giornale del Ricordo - nella sua perenne ricerca di nuovi talenti letterari - ha trovato un autore originale che scrive, quasi in trance, per sconfiggere lutto e buio.

- Da dove nasce il tuo amore per la scrittura? Com’è stata questa scoperta?

È stata una scoperta molto più che precoce. Ero figlia unica, trascorrevo i pomeriggi al riparo dellenorme camera blu cenere straripante di peluche, giocattoli di ogni tipo e fattura. Ma ero solita celebrare funerali per bambole che seppellivo nelle scatole delle scarpe, accantonandole in unarea riservata dietro alla scrivania, perché niente e nessuno potesse alterarle. Un cimitero che ne avrebbe celebrato la bellezza, la sfida al destino di distruzione che intuivo toccasse a cosa viene destinato alluso. E lasciavo che i peluche fossero i miei amici, spettatori ammutoliti di pomeriggi che inscenavano la notte già dai primi momenti postprandiali. La camera dava su un cortile interno, nella coorte degli edifici disposti quadrangolarmente il sole non saffacciava, ogni cosa restava sospesa nel tremolio di un precoce crepuscolo. Opponevo il suono della mia voce che replicava i brani delle favole pronunciate dal cantastorie. Stop rew stop rew. Imparavo a memoria interi libri illustrati dove comparivano le storie di Pollicino, Cenerentola, Il gatto con gli stivali; la figura dell’Orco si assottigliava nellabbraccio del nostro raccontare. Imparai a leggere così, seguendo le righe composte di parole a margine delle figure. E decisi che avrei voluto essere capace anche io della magia che sconfiggeva la paura dei mostri esagerati dallisolamento. Labbandono. Sei sola, nessuno sa che hai paura. I genitori presi dal lavoro e dalle cose dei grandi. Nessuno sospetta che il sonno e la veglia di una bambina possano mescolarsi nel presentimento di un orrore diffuso, una disillusione originaria.

La luce serpeggiava nel suono delle favole, anche gli animali di peluche restavano sugli scaffali, fra i cuscini del letto a ponte. Incapaci di rimettere la mia infanzia in un tempo vissuto. Da sepolta come le mie bambole, decisi che avrei voluto fare la magia del suono che fanno le storie belle. Imparai a riprodurre le righe di parole. Non avevo ancora cinque anni.

Descrivi il tuo ultimo lavoro.

"Greta tace" va letto, perché qualsiasi cosa possa dirne non circoscrive nemmeno di un poco lambito delle letture possibili. Perché lho portato a termine in uno stato di trance, le parole sono arrivate per colmare le ipotesi di buio, proprio come accadeva da bambina, quando sulla figura che rappresentava lorco tornavo e tornavo. Per scoprirne il segreto, per accettarlo.

Greta è la protagonista di cinque trame intrecciate da cui non impara a difendersi. Di volta in volta si fa perno sacrificale, salvifico, di vicende troppo umane. Si destina a esiti da tragedia greca. Accede al vortice della visione. Mi piace pensare che si consegni ai silenzi estatici che le permettono di percepirsi non mortale.

- La cittá dove vivi è per te fonte d’ispirazione? Oppure dove vorresti vivere?

Sono nata a Roma, lho abitata un po’ ovunque, conoscendone la periferia e i quartieri bene. Ho trascorso ladolescenza a Roma nord da cui ho ricavato molti dei personaggi che partecipano delle mie narrazioni, continuerò a attingere alle figure a cui guardavo con sospetto già attorno agli undici anni, certi ricchi gonfi della bolla di sapone anni 80, ci pensi? Un mondo intero che adesso ci appare più che illusorio, eppure allora alimentava i comportamenti, le aspirazioni, ogni fatto degli ammessi al Mega Party. Continuerò ad attingere al vuoto di questi golem dargilla fra cui sono cresciuta per alimentarci la corsa della mia scrittura. E a qualcuno che invece mi ha mostrato come Roma nord partorisca anche autentici giganti.

Tuttavia Roma produce in me leffetto di un compagno fin troppo presente, possessivo, che cala un sipario, mezzo corroso e tarlato in più punti, sullorizzonte.

Ho bisogno di salsedine, cielo che sconfina nella linea del mare. Di camminare per ore senza incontrare nessuno.

Dico sempre che appena la scrittura me lo permetterà, mi trasferirò in una casetta con tende bianche che oscillano al vento, su un promontorio battuto da onde in tempesta. Feroci.

- Il tuo ricordo, personale o professionale, più emozionante.

Il primo bacio, il primo sconfinamento fra le bocche, ciascun primo bacio, tutte le volte che sono stata innamorata.

- Alejandro Jodorowski afferma: <<Il tempo asciuga il superfluo e conserva l’essenziale. Che ne pensi?>>.

Penso che da runner – percorro circa 40 chilometri a settimana nei mesi invernali, almeno 10 al giorno con picchi da 20 chilometri durante i mesi benedetti dal tempo buono – lautomatismo del gesto esatto, replicabile senza che tu debba dedicargli attenzione, sia uno dei livelli più alti della buona pratica della meditazione. La fatica scompare, agire coincide con lesistere. Avvertire la potenza dellistante perfetto è cosa concede la pratica di un allenamento che non potresti interrompere neppure volendo. Come quello alla scrittura. Il Tempo rivela il proprio rintocco crudele solo alla fine, quando sta per spezzare tutte le ipotesi. Ma la sua cadenza è onnipresente. Stare nel gesto esatto, scevro di velleità, è acquisire la forza del dardo scoccato. È cercare i pensieri che come scoppi struggenti animeranno la nostra dipartita. Lultimo distacco è possibile coincida con le nostre verità più incoffessate. Forse no. Ma credo che la scrittura debba ricalcare lessenzialità degli ultimi istanti. Quelli da cui non cè ritorno.

- Come vedi il tuo futuro? Obiettivi personali e professionali.

Miro a storie superstiti, a pagine centellinate, rivelate in sogno. Rimandi sinestetici, miti di fondazione.

Alla compostezza di Marcell Jacobs nel gesto atletico.

Dentro una combustione perenne.

Sto portando a termine una novella ambientata in un futuro post apocalittico arso dal Sole che non può tramontare.

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