Tra Kaunas e Varsavia, un confine russo con...falce e martello7/10/2025

Tra Kaunas e Varsavia, un confine russo con...falce e martello7/10/2025
di Giovanni Curatola
Kaunas, seconda città lituana. ...Ultimata con due tiri a pallone una mezzoretta storica in cima alla collinetta da cui Napoleone, la notte tra il 24 e il 25 giugno 1812, vide la sua “Grande Armée” attraversare sui tre ponti da lui fatti costruire il fiume Nemunas sotto di noi, e da lì iniziare la grande (e poi disastrosa) campagna di Russia, alle 13.00 circa si parte per il cippo dei tre confini, dove Lituania, Polonia e Russia (exclave di Kaliningrad) si incontrano. Dista poco più di un’ora, ma ci si arriva dopo un pezzetto di Polonia, da cui entriamo attraverso un valico di campagna, così piccolo e secondario che quasi nessuno transita da lì, e dove “Google maps” non propone alcuna indicazione o alcuna foto. Il valico più importante è difatti una ventina di chilometri più ad Est, attraversato dall’autostrada. Noi che amiamo complicarci la vita, impreziosendola però di originalità e di siti meno comuni, dopo l’abitato di Graziskiai scegliamo invece la strada lituana 5142, che scende appunto in Polonia fra natura selvaggia e contesti bucolici cui il cielo nuvoloso rende meno merito. Sono le 14.20 quando gli alberi attorno a noi cessano per un centinaio di metri e sbuchiamo in una radura dove ci vengono incontro, sospettosi, due militari (polacchi) con cappello a bustina ed armate di lunghi fucili. Non ce li puntano certo addosso, ma soprattutto a mia moglie un certo effetto sinistro lo fa. La tensione internazionale del momento, d'altronde, non le dà torto. Non avendo però noi nulla da nascondere, scendo serafico dall’auto spiegando loro col mio stentatissimo inglese che siamo turisti italiani, e che dopo un giro nei paesi baltici stiamo rientrando in Polonia. Curiosi, ma di certo assai meno ostili delle guardie frontaliere, sempre polacche, incontrate a marzo con Francesco al confine russo, dopo un rapido controllo del bagagliaio ci salutano cordialmente, indicandoci il via libera. Chiedo, stavolta giusto per precauzione, di poter scattare qualche foto ai cartelli di confine: permesso accordato con la massima disponibilità. La consorte si rasserena. Subito lì, in quella radura, l’ora dei cellulari torna la nostra, italiana, sicché quando ripartiamo non sono le 14.45 bensì adesso le 13.45. Adeguiamo gli orologi al polso e percorriamo per 12 chilometri la strada 651 circondati dall’immancabile verde, da case qua e là e da qualche croce in mezzo ai campi (una, dove sosto volutamente un attimo, ricorda dei soldati polacchi uccisi durante la II° Guerra Mondiale. Se dai tedeschi o dai russi, non è dato sapere).
Alle 14.05 siamo alla piazzola già visionata su internet da dove non si può proseguire, se non a piedi. Non piove, ma quasi. A 400 metri c’è il triplice confine, e considerata la situazione internazionale e il nostro precedente bielorusso di qualche giorno fa, è già un miracolo che lo si possa ancora raggiungere. Così alle 14.15, per la terza volta in cinque mesi, mi trovo a ridosso di un confine russo senza poterlo oltrepassare. Per la verità, in questo “Obelisk przy trojstyku” non c’è un passaggio pedonale o automobilistico. Nessun valico, nessuna guardia (almeno visibile a noi, perché dietro gli alberi qualche russo armato verosimilmente dovrà pur esserci). Solo filo spinato a iosa, percorso da elettricità ad alta tensione, e telecamere. Il confine polacco-lituano di fatto non esiste. Esiste il cippo di marmo marrone dove convergono i confini di Polonia, Lituania e Russia, e poiché quest’ultima è off-limits causa guerra in Ucraina e tensione con l’Occidente, è tutta contornata da ulteriore filo spinato e diavolerie varie. Scattiamo varie foto davanti quest’insolito confine così ermeticamente chiuso, quindi un quarto d’ora dopo di chiacchiere “politiche” fra noi stessi e con una coppia italiana lì trovata, ci gustiamo un gelato sotto la pioggia offerto dal mio primogenito e alle 14.40 raggiungiamo la macchina. A stupirmi, più dei vari cartelli al di qua e al di là del filo spinato, una bandiera rossa in territorio russo recante ancora la falce ed il martello. Dubitando che sia stata lì dimenticata dal 1945 ad oggi (sarebbe perlomeno sbiadita e logorata), immaginiamo sia stata messa a scopo turistico. Non vedo francamente altra spiegazione. La strada, intanto, ci regala le ultime dacie e gli ultimi scorci campestri, perché da Suwalki in poi (il cosiddetto “corridoio di Suwalki” è coi suoi 60 chilometri il passaggio più breve fra Russia ed exclave di Kaliningrad) fino a Varsavia è tutta autostrada...
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