MAI PIU' SENZA SOCIAL E CHAT
28 marzo 2017
di Vittorio Esperia
Quattordici persone, in una azienda sita in Milano, sono attorno al tavolo della sala riunioni e attendono di fare un colloquio; dodici armeggiano sul telefonino, due si guardano intorno. Ormai siamo perennemente con lo smartphone in mano, sempre pronti a mettere un like o a chattare con qualcuno. Il grande amore per social network, app, chat e siti web, propriamente tipica dei nativi digitali, parrebbe essere influenzata moltissimo dai nostri geni. Uno studio, di recente effettuato da ricercatori del King's College di Londra, suggerisce questa ipotesi. La ricerca è nata dalla constatazione che l'utilizzo dei mezzi di comunicazione online è differente, e anche di molto, fra le persone, giovanissimi compresi. L'analisi di questo studio, pubblicato su 'PLoS One', ha preso in esame l'uso dei media online in più di 8.500 gemelli di 16 anni, coinvolti nel Twins Early Development Study (TEDS). Mettendo a confronto gemelli identici (che condividono il 100 per cento dei loro geni) e non identici (che condividono il 50 per cento dei loro geni), i ricercatori sono stati in grado di stimare il contributo relativo di geni e ambiente per spiegare le differenze nell'uso di Facebook, app, chat e altri strumenti online. Questi esami hanno dimostrato che l'ereditarietà è un elemento essenziale nel determinare il tempo trascorso su tutti i tipi di supporto online, da quelli per l'intrattenimento (37%) all'istruzione (34%), ai giochi online (39%) fino ai social network (2%). Per cui, secondo questo studio, il grado di utilizzo di questi strumenti è principalmente legato alla genetica. Queste indagini vanno oltre la convinzione diffusa secondo cui le persone siano passivamente esposte a questi mezzi e finiscano per abusarne, ritenendoli indispensabili. L'uso dei media on-line, invece, sarebbe legato a doppio filo con le proprie predisposizioni genetiche uniche (un concetto noto come correlazione gene-ambiente). Secondo Ziada Ayorech, primo autore dello studio, <<i nostri risultati contraddicono popolari teorie sugli effetti dei media sui consumatori 'indifesi'>>. Tuttavia trovare le differenze nel Dna che influenzano, in modo sostanziale, le interazioni con i media, mette il consumatore al posto di comando, ad agire cioè in prima persona. Sempre secondo il ricercatore inglese l'utente <<è in grado, infatti, di modificare la propria esposizione in base alle proprie esigenze>>.
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News » RICERCHE E STUDI | martedì 28 marzo 2017
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