Roma: vociare a cielo aperto
23 settembre 2016
di Luca Figlioli
Spinto dal desiderio di dare una scossa ai miei orizzonti, a 29 anni ho lasciato Brescia per trasferirmi nella Capitale. Ricordo i primi pomeriggi trascorsi camminando senza una precisa me?ta, frugando con gli occhi tra gli imponenti monumenti e i viottoli, che sembrano sgorgare come rigagnoli dalle arterie del centro. Quello che rammento con maggior nettezza e? il senso di smarrimento nel passare da una piccola realta? a una capitale: la rara sopresa di incontrare due volte la stessa persona. Dopo due anni di vita a Roma provo ancora lo stesso senso di quieta vertigine nel vivere questo museo a cielo aperto: la quotidianita? di immergersi, dopo un pomeriggio di lavoro, in frammenti di storia e distanze infinite. Ricordo i primi mesi di solitudine, ma mitigati dalla facilita? di fare incontri e amicizie. Da buon nordico, mi trovai ahime? a dover constatare uno dei piu? diffusi luoghi comuni: da meta? dello stivale in giu? il contatto umano e? cosa immediata. Il proverbiale “calore“ dell’italiano del centro/sud e? reale ed ho avuto modo di coglierlo: a Roma le occasioni di conoscenza non mancano mai, e scattano nei momenti piu? inusuali, talvolta paradossali. Una fila non rispettata alla cassa del supermarket, o la ressa del mercato rionale, azionano occasioni di conoscenza e di contatto umano. Perche? i romani non litigano, si animano: non possono fare a meno di parlare, di comunicare, anche se sembrano un po’ ruvidi, a volte. Roma non smette mai di parlare: passeggiate per il centro di Firenze a tarda sera, non avvertirete un fiato: la voce di Roma e? invece un brontolio continuo e ininterrotto, che si riversa ad ogni ora nella strada, nei finestrini delle auto, nelle stanze. Per questo se devo isolare un ricordo, un simbolo legato alla mia permanenza qui e? proprio il vociare continuo di questa citta?. Occasioni che nella mia citta? d’origine sono liquidate in maniera circostanziale, qui diventano enciclopedici dialoghi e interminabili scambi di battute; un “grazie, arrivederci“ pronunciato nel pressi di Milano qui assume i contorni di un elogio, con tanto di auguri natalizi incorporati, e con buona pace di chi e? in coda ad attendere. A poco serve spazientirsi: si correre il rischio di indossare l’abito del turista, e stuzzicare l’umorismo sanguigno del romano. L’unico modo per vivere questa citta? e? arrendersi alle sue attese dilatate: le ore trascorse sul raccordo, o l’ennesimo sciopero degli autobus credetemi, valgono le sue bellezze incantate.
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News » LUOGHI DELLA MEMORIA | venerdì 23 settembre 2016
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