CINA, FILIPPINE, GHANA, INDIA E NIGERIA: DISCARICHE DEL MONDO
10 gennaio 2018
di Carolina Polo
Cina, Filippine, Ghana, India e Nigeria sono la discarica del mondo. Almeno per quanto riguarda i rifiuti hi-tech e di elettrodomestici. Secondo l'agenzia per l'ambiente delle Nazioni Unite ogni anno vengo prodotti circa 50 milioni di tonnellate di spazzatura tecnologica. Uno spreco stimato di 62,5 miliardi di dollari. I maggiori produttori sono Stati Uniti e Europa e, nonostante l'adozione da parte della maggior parte dei Paesi dell'Occidente della Convenzione di Basilea per lo smaltimento di rifiuti pericolosi, si stima che oggi solo il 20% di questi sia riciclato. Il primato per la produzione di rifiuti elettronici lo detiene Hong Kong: nel 2015 i suoi abitanti hanno prodotto in media 21,7 chilogrammi.
I problemi sorgono quando il mercato dello smaltimento e del riciclaggio finisce in mano a raccoglitori informali. Dove le maglie del controllo internazionale si fanno più larghe, si sono sviluppate vere e proprie discariche, colline di componenti elettronici dove i residenti smaltiscono i rifiuti bruciandoli all'aperto o per mezzo di soluzioni acide artigianali. Lo fanno per recuperare palladio, rame, argento e oro nei materiali e rivenderlo sul mercato nero.
Agbogloshie, in Ghana, è una periferia della capitale Accra. Un mercato ortofrutticolo, una discarica di rottami metallici e di componentistica elettronica e un grande baraccopoli sviluppatasi sui detriti. I locali l'hanno ribattezzata "Sodoma". Il panorama è fatto da rottami di macchinari, attrezzature domestiche, automobili, autobus, biciclette, generatori, condizionatori d'aria, computer, cellulari e tutto ciò che è il simbolo dell'avanzamento tecnologico delle società Occidentali. Qui vivono circa 80.000 persone: per ognuna, c'è un'altissima probabilità di soffrire di disturbi respiratori dovute alle esalazioni della discarica e dell'inquinamento che finisce per contaminare gli alimenti che finiscono sulle loro tavole. Ogni giorno, c'è un via vai di abitanti che dal porto di Tema scaricano qui container interi di rifiuti importati come prodotti tecnologici di seconda mano: li incendiano nella speranza di setacciare metalli preziosi da rivendere. Questa situazione ha fatto di Agbogbloshie uno dei dieci luoghi più inquinati della terra: la concentrazione di metalli pesanti nell'acqua supera costantemente i limiti consentiti. Qui, racconta chi c'è stato, «l'aria odora di morte».
Guiyu, conosciuta come «la città veleno». Ci vivono 150.000 persone e da vent'anni l'economia ruota intorno allo smaltimento di rifiuti elettronici. Nazionali e importati. I livelli di inquinamento di piombo, rame e metalli pesanti superano di 300 volte la media della Cina. Cinque mila imprese di stoccaggio e trasformazione di rifiuti che lavorano un milione e mezzo di tonnellate ogni anno. Le Nazioni Unite hanno segnalato che in questa regione ci sono i livelli di diossina più alti mai registrati in tutto il pianeta.
Ma sono le vertigini, le gastriti croniche e l'incidenza di tumori degli abitanti che preoccupano gli osservatori internazionali. Chi c'è passato, racconta Guiyu come un enorme cimitero a cielo aperto fatto di computer e cellulari dismessi: dai satelliti, l'area totale di discarica risulta ampia 52 chilometri quadrati. Anche qui il problema principale sono le attività di sussistenza dei residenti, i modi in cui provano a sopravvivere. Con metodi artigianali vivono del recupero di oro, rame, piombo e altri metalli preziosi, poi rivenduti alle aziende: li ricicleranno per creare nuovi cellulari che, purtroppo, rischiano di finire ancora qui o in qualche angolo dimenticato del mondo.
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News » GEOGRAFIA DI VIAGGIO di Carolina Polo | mercoledì 10 gennaio 2018
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