Arriveranno gli alieni per Natale?
10 novembre 2025
Avi Loeb, il professore di Harvard che vuole rovinarti il cenone con una domanda scomoda: “E se quel coso là fuori non fosse una cometa?”
Il professor Avi Loeb ha il raro talento di mandare nel panico chiunque pensi che la scienza sia un affare ordinato, sobrio e prevedibile. Harvard, cattedre, premi, un curriculum che sembra un elenco telefonico dell’eccellenza accademica. Eppure, ogni volta che apre bocca, mezzo mondo scientifico si affretta a dire: “No, aspetta, non può averlo detto davvero.”
E invece sì. Loeb, astrofisico di fama globale, lo dice eccome: l’oggetto interstellare che attraversa il Sistema solare potrebbe essere una nave aliena.
Sì, una mothership, come nei film, ma con meno esplosioni e più formule matematiche.
Un sasso? Una cometa? O una visita di cortesia cosmica?
L’oggetto in questione si chiama 3I/ATLAS: un nome che suona come la password di un modem, ma che nasconde qualcosa di molto più misterioso. È solo il terzo corpo proveniente da fuori il nostro Sistema solare mai osservato.
La maggior parte degli astronomi lo considera una cometa fuori taglia, un gigantesco blocco di ghiaccio e roccia. Fine della storia.
Ma per Loeb, le cose non tornano. Nessuna coda di gas, nessuna scia di polvere, una traiettoria troppo precisa, quasi un tour guidato tra i pianeti. “È come se qualcuno avesse programmato il percorso”, dice lui.
Il suo blog, seguito come un thriller da un manipolo di scienziati, curiosi e complottisti, è diventato un bollettino quotidiano di indizi: deviazioni minime, variazioni di luminosità, colori strani. Tutto catalogato, analizzato, sospeso tra rigore e fantascienza.
“Il mio augurio,” dice Loeb con calma da prete zen, “è che non riceveremo un dono indesiderato per le vacanze.”
Un dono, tipo una flotta interstellare parcheggiata sopra New York.
L’uomo che ha messo in crisi gli adulti nella stanza
C’è qualcosa di irresistibilmente provocatorio in Loeb. “La scienza è il privilegio di restare curiosi,” dice.
Solo che, secondo lui, troppi scienziati hanno smesso di esserlo. Si comportano come “gli adulti nella stanza”, quelli che hanno sempre la risposta pronta. Il problema? Così uccidono la meraviglia. E forse anche la verità.
Loeb è l’antitesi dell’accademico impolverato: cita Newton e poi ride di se stesso; paragona gli alieni a una “visita inaspettata alla porta di casa” e sostiene che, se un giorno davvero arrivassero, ci farebbero il più grande favore possibile.
“Potrebbe essere la sveglia che l’umanità aspetta”, spiega. “Abbiamo speso 2.400 miliardi di dollari in eserciti. Forse è ora di investire qualcosa per capire chi o cosa ci guarda da fuori.”
L’oggetto che non fa quello che dovrebbe
Secondo i calcoli, 3I/ATLAS è grande almeno cinque chilometri e pesa oltre 33 miliardi di tonnellate. Un “sassolino” che viaggia a 60 chilometri al secondo, cioè abbastanza veloce da attraversare l’intero sistema solare in pochi mesi.
Il problema è che non si comporta come dovrebbe: non evapora vicino al Sole, non rallenta, anzi… sembra cambiare rotta da solo.
Gli scienziati più prudenti parlano di “forze non gravitazionali”, ma Loeb non si accontenta. “Potrebbe esserci un motore”, dice. “Oppure una tecnologia che non conosciamo.”
E quando i suoi colleghi lo accusano di cercare fama, lui sorride: “È solo gelosia. Ho proposto un’idea, non un dogma.”

La scala dell’ignoto e il rischio di una pessima vigilia
A luglio, Loeb ha inventato la scala Loeb, un sistema per misurare quanto un oggetto interstellare possa essere tecnologico.
Zero significa “pietra spaziale innocente”. Dieci: “astronave potenzialmente minacciosa”.
Per ora, ATLAS è a quattro. “Più probabilmente naturale”, dice Loeb, “ma con un numero sufficiente di anomalie da far pensare che non lo sia.”
E il momento della verità si avvicina: il 19 dicembre passerà alla minima distanza dalla Terra.
Insomma, il Natale potrebbe arrivare con un ospite in più.
“Se fosse un’astronave,” scherza Loeb, “non ci sarebbe molto da fare. Saremmo come formiche che osservano una moto passare sull’asfalto.”
O, più ottimisticamente, “una civiltà appena un po’ più indietro nella fila del progresso”.
L’ultima curiosità
Loeb non promette invasioni, né vuole convincerci a costruire bunker nei boschi.
Chiede solo di tenere la mente aperta.
“Se si muove come un’anatra e fa quack, è un’anatra,” dice. “Ma finché non lo vediamo, smettiamo di chiamarlo pollaio.”
Perché la verità, come l’universo, non ha bisogno di permessi accademici per esistere.
E se il 19 dicembre, mentre apriremo i regali, un puntino luminoso apparirà nel cielo, Avi Loeb potrà finalmente alzare un sopracciglio e dire: “Ve l’avevo detto.”
di Giorgia Pellegrini
Foto e video liberi da copyright
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