200 anni fa moriva Napoleone - Vera gloria?3/5/2021

Memoria per 200 anni fa moriva Napoleone - Vera gloria?

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200 anni fa moriva Napoleone - Vera gloria?3/5/2021

di Giovanni Curatola

“Ei fu”... Napoleone. L’uomo che il Manzoni, nel suo capolavoro “Cinque maggio”, riconosce essere stato l’arbitro della storia a cavallo di due secoli diversissimi in tutto (il ‘700 e l’800, l’un contro l’altro armato). L’uomo che “tutto provò: la gloria / maggior dopo il periglio, / la fuga e la vittoria, / la reggia e il tristo esiglio, e per questo finito due volte sugli altari e altrettante nella polvere (“cadde, risorse e giacque”). L’uomo forte della cui vera o presunta grandezza si occuperà chi verrà dopo (“Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”). L'uomo affetto da vanagloria su cui giocarono enormemente gli eventi della natura (ebbe il decisivo aiuto del sole sul Pratzen, "Il sole di Austerlitz", ma in Russia un "generale inverno" arrivato prima e ancor più freddo del previsto gli mandò a monte tutto). L’uomo che i valori della precedente Rivoluzione Francese affossò (dicono di lui i detrattori) o, al contrario, esaltò. L’uomo di cui, fra 2 giorni, corre il bicentenario della morte. Anch’essa un mistero, anch’essa che divide: fu assassinio o morte naturale? Arsenico somministratogli dagli inglesi o evoluzione del cancro allo stomaco di cui già soffriva?

Quando l’eco della sua morte, dalla lontanissima isola di S.Elena dov’era esiliato con una ristrettissima corte, giunse in Europa, l’emozione fu enorme. E non solo in Francia. Quando la salma tornò a Parigi, attraverso la Senna, molti dei soldati che avevano condiviso con lui battaglie in mezza Europa mossero dagli angoli più sperduti della Francia per andare a tributargli l’ultimo saluto. Parigi, in quella notte di veglia e commozione, gli riservò il più solenne dei funerali e una tomba monumentale di granito rosso a Les Invalides, dove l’Imperatore riposa tuttora. Sull’uomo che aveva dapprima fatto sognare il suo popolo (migliorandone obiettivamente le condizioni sociali), che poi l’aveva diviso e che, a torto o a ragione, aveva sparso sangue francese dalle Piramidi africane alla Spagna, dalla Mitteleuropa a Mosca, si trovarono adesso tutti d’accordo: andava solennizzato. Lo chiedevano i soldati, delle cui condizioni Napoleone aveva sempre mostrato grande sensibilità (condivideva con loro rancio ed equipaggiamento e a cui ridistribuiva equamente i bottini di guerra), lo capivano i politici di allora, benché suoi ex avversari, e soprattutto lo invocava una larga fetta della popolazione, benché nessuna famiglia francese fosse stata esente da lutti per le sue campagne militari.

Licei e università, riforma dell’amministrazione, dell’esercito, del fisco, codice civile e Concordato restano i pilastri di un’epopea di cui la Francia ancora s’avvale. Chiamato o meno dalla “divina Provvidenza” a correggere le distorsioni politiche e sociali e le degenerazioni morali del Terrore post-rivoluzionario, è indubbio che l’imperatore francese frantumò definitivamente i residui dell’iniquo e improduttivo sistema feudale che ancora sopravviveva in Francia e nei territori da lui conquistati. Privilegi aristocratici compresi. Gli stessi (questi ultimi) che ai primi del 1815 torneranno in auge col Congresso di Vienna, quando l’Europa post-napoleonica tornerà ad essere spartita tra i soliti, vecchi sovrani e vecchie corti spodestate. Una Restaurazione per cui il ritorno di Napoleone dall’Elba costituiva una seria minaccia, benché l’ex imperatore (che godette immediatamente dell’appoggio non solo dei suoi ex soldati, ma anche di quelli dei Borbone mandati a fermarlo, quando al Passo Laffrey si schierarono invece entusiasticamente tutti a suo fianco) avesse solennemente e pubblicamente più volte dichiarato di non voler perseguire nuovi obiettivi militari, ma di avere solo scopi pacifici e sociali, e tutti rigorosamente entro i confini francesi. Non gli fu creduto, o meglio si preferì far finta di non credergli per sbarazzarsi definitivamente di lui. Mezza Europa tornò così in armi a premere sui confini francesi. Waterloo fu, in questo contesto, una pagina militare inevitabile, e se quel 18 giugno 1815 avessero vinto i francesi (come pure stava avvenendo, se non fossero arrivati sul far della sera i prussiani di Blucher), Napoleone sarebbe stato verosimilmente sconfitto qualche giorno dopo, in una Waterloo n.2. La sua sorte era comunque segnata, così come, dopo l’esilio a S.Elena e la morte, fu la sua futura riabilitazione agli occhi di tutti i francesi e... una tomba di granito rosso a Les Invalides.

 

"...Fu vera gloria? Ai posteri / l’ardua sentenza: nui

chiniam la fronte al Massimo / Fattor, che volle in lui

del creator suo spirito / più vasta orma stampar….

 

…Lui folgorante in solio / vide il mio genio e tacque

quando, con vece assidua, / cadde, risorse e giacque…

 

...Tutto ei provò: la gloria / maggior dopo il periglio,

la fuga e la vittoria, / la reggia e il tristo esiglio...

 

…Ei si nomò: due secoli / l’un contro l’altro armato,

sommessi a lui si volsero, / come aspettando il fato...

 

...E ripensò le mobili / tende e i percossi valli,

e il lampo de’ manipoli, / e l’onda dei cavalli…”

 

(Alessandro Manzoni, 5 maggio)

 

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