di Gaia Dallera Ferrario
Sarà aperta al pubblico dal 6 dicembre e fino al 9 febbraio 2020, presso Palazzo Reale di Milano, la mostra retrospettiva dedicata al più grande maestro dell'arte informale italiana: Emilio Vedova. L’esposizione, tra le più complete mai dedicategli prima, è curata dal critico Germano Celant e si colloca a conclusione del lavoro della Fondazione Vedova per celebrare il centenario della nascita dell'artista (Venezia, 1919 – 2006).
Pittore e incisore autodidatta, Vedova è una delle menti creative più brillanti del secolo passato. Conosciuto anche per essere stato tra i fondatori della “Nuova Secessione Italiana” poi del “Fronte Nuovo delle Arti”, il suo percorso artistico si distingue per un'iniziale aderenza al movimento del Neocubismo, che abbandonerà dopo qualche anno per dedicarsi esclusivamente ad un'espressione gestuale ed informale, da cui hanno origine opere intense, sanguigne, a tratti quasi violente, assolutamente dirompenti nel panorama artistico italiano dell'epoca. Nel corso della propria produzione si è dedicato ad alcuni cicli di opere, a partire dai famosi “Plurimi”, per arrivare alle “Lacerazioni“, dai “Tondi” fino alla serie “…In Continuum..” mantenendo fede ad una chiara intenzione: rinnovarsi in ogni momento, senza mai alterare se stesso e la sua arte. Le immagini di Vedova nascono dagli costituenti primordiali della pittura: segno, gesto, colore puro, energia. Questi elementi “primitivi” creano un momento di grande coinvolgimento e, in questo senso, restano emblematiche le foto che lo ritraggono nel suo studio con il colore che gli gocciola addosso dalle tele: Vedova è impeto, vita urlata, compartecipazione.
La mostra, che presenta opere che vanno dagli anni '40 agli anni '90, raccoglie, a muro come a pavimento, una sessantina di lavori, alcuni dei quali di imponenti dimensioni, che testimoniano il valore fondamentale della prduzione di Emilio Vedova nel contesto dell’arte contemporanea nazionale e internazionale. E' di appena due anni fa il suo nuovo record mondiale realizzato con l'opera Tensione (1959) che, aggiudicata per quasi 800.000 €, lo ha confermato come l'artista astratto italiano della seconda metà del Novecento più caro sul mercato.
Questa importante retropsettiva offre dunque un'inedità possibilità di ammirare non solo la potenza delle sue opere, bensì di potersi immergere, da vicino, nelle sue pennellate veloci, quasi nevrotiche, in cui è il gesto ad avere la meglio, liberando una tensione/azione quale reazione violenta dell'artista-intellettuale contro l'artista-tecnico.
Gaia Dallera Ferrario | www.gaiafe.com
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