1934: l'esercito di Mussolini contro Hitler...26/7/2019

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1934: l'esercito di Mussolini contro Hitler...26/7/2019

di Giovanni Curatola

Si erano incontrati dal vivo una sola volta, il mese prima a Venezia. Per il cancelliere tedesco si era trattato del coronamento di una lunga serie di avances verso quello che riteneva il maestro e la guida spirituale anche del suo movimento. Viceversa, nel Duce quell’incontro servì invece a confermare in pieno la diffidenza verso il leader tedesco che aveva nutrito sin dalla sua ascesa al potere in Germania. Mussolini seguiva con un mix di fastidio e preoccupazione le vicende tedesche, arrivando perfino ad irridere pubblicamente alle teorie razziste di Hitler e soci: “Noi possiamo guardare con sovrano disprezzo – dirà 2 mesi dopo a Bari - talune dottrine d'oltralpe di gente che ignorava la scrittura, con la quale tramandare i documenti della propria vita, in un tempo in cui Roma aveva Cesare, Virgilio ed Augusto!”. Si, perché in quell’estate del 1934, coi dittatori italiano e tedesco mai così lontani e divisi, la storia dell’Europa era a un passo dal prendere una piega diametralmente opposta da quella che poi l’ottusità politica di Londra e Parigi fece prendere. Già l’anno prima, col nazismo appena al potere, intuendone la pericolosità ma riconoscendo al contempo le legittime rivendicazioni politiche ma soprattutto economiche della Germania, Mussolini si era fatto promotore di un “Patto a Quattro” fra Italia, Inghilterra, Francia e Germania che garantisse pace con giustizia al continente.

I panni di calmiere del vecchio continente (funzione di fatto attribuitagli dai molti governi europei che individuarono in lui l’unica personalità in grado di ricondurre Hilter alla ragione), Mussolini continuò ad esercitarla col “Fronte di Stresa” nel 1935, quindi nel 1938 con quel “Patto di Monaco” che sventò in extremis una guerra per la quale si erano già mobilitati gli eserciti di mezza Europa. Contemporaneamente in quegli anni, fra operazioni diplomatiche e soluzioni politiche made in Italy, il regime fascista promosse e iniziò ad eseguire il “Vallo Alpino del Littorio”, una linea difensiva di fortificazioni alpine che vide intensificare i lavori proprio in corrispondenza del versante austriaco, in funzione anti-tedesca.

Ma la situazione più tesa fra Italia fascista e Germania nazista si ebbe, come detto, nell’estate del 1934. Accadde il 25 luglio di quell’anno che il cancelliere austriaco Dollfuss, che in Austria aveva instaurato un regime vicino a quello fascista ma decisamente ostile al nazismo, venisse assassinato da mano nazista a seguito di un colpo di stato che intendeva instaurare in Austria un governo filo-nazista che favorisse l’Anschluss, l’annessione tout-court dell’Austria alla Germania. La notte dell’assassinio, toccò proprio al Duce darne notizia alla moglie e ai figli di Dollfuss, che si trovavano in vacanza a Riccione, ospiti proprio della famiglia Mussolini. Il delitto ebbe forte eco in Europa, ma, a parte proteste vibranti ma circoscritte a discorsi e scritti ufficiali, l’unico a muoversi concretamente fu proprio Mussolini. Quattro divisioni italiane furono immediatamente spedite alla frontiera del Brennero e schierate lungo il confine, armi al piede. E non certo a scopo dimostrativo. “L’Austria non si tocca!” tuonò il Duce, fortemente interessato a non avere i tedeschi al Brennero e pronto ad una guerra per difendere l’indipendenza di questo stato-cuscinetto tra le due dittature. Hitler rimase sorpreso dalla dura e rapida reazione italiana, tanto che per non inimicarsi colui che considerava anche egli stesso l’unico ponte fra la sua Germania e le democrazie occidentali, desistette dal progetto-Anschluss e sconfessò pubblicamente il gesto, negando il rientro in patria agli assassini suoi scagnozzi. E le 4 divisioni rientrarono nei rispettivi acquartieramenti.

Ma l’Anschluss si realizzò egualmente, 4 anni più tardi, quando gli scenari politici erano in parte mutati. In mezzo c’erano infatti state la Guerra d’Etiopia, le sanzioni contro l’Italia (a cui la Germania non aderì, rifornendoci al contrario di carbone) e la guerra civile spagnola: tutti eventi che avevano contribuito ad avvicinare politicamente e anche economicamente, l’Italia e la Germania. Quest’ultima diede in quegli anni concreti attestati di amicizia all’Italia (più o meno interessati, s’intende), sicché i due paesi, o meglio i due regimi, finirono col far valere i loro valori comuni sulle loro differenze, e col fare, un po' per opportunismo e un po' per riscoperta di affinità ideologiche, fronte unico.

Il lassismo e il sottile calcolo dei governi franco-inglese (malafede sarebbe il termine più appropriato) fecero poi il resto, tanto che quando Hitler nel 1938 ci riproverà con l’Austria, Mussolini, stanco di fare ancora una volta lui solo “la guardia al Brennero” per la salvaguardia di una pace che il resto d’Europa non mostrava di considerare poi più così preziosa, lascerà stavolta fare. Al “Patto d’Acciaio”, al secondo conflitto mondiale e al blocco navale inglese che vinse la riluttanza di Mussolini a gettarsi nella mischia (vedere “rapporto Pietromarchi) non mancheranno che pochi mesi. Lascerà scritto il primo ministro inglese Winston Churchill nelle sue memorie, a proposito della nostra entrata in guerra nel 1940: “Adesso che la politica inglese aveva forzato Mussolini a schierarsi nell'altro campo, la Germania non era più sola". Il resto è storia ben più nota…

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