RICORDI DI MARZO
19 marzo 2017
di Mariangela Mombelli
Ri-còr-do: dal latino re – indietro e cor – cuore = riportare al cuore (perché il cuore era ritenuto sede della memoria). L’etimologia delle parole ci viene in aiuto per comprenderne il significato: i “ricordi”, quindi, riportano al cuore qualcosa che non è più qui o non è più adesso, fanno rivivere emozioni e sentimenti come esperienza diretta e non come sogni o fantasticherie, ci permettono di consultare il passato rappresentandone i tasselli che costituiscono la nostra memoria. Ricordare per non lasciarci sfuggire nulla, ricordare per cercare nel passato la chiave di volta di quello che siamo, ricordare per sospendere il presente tra un passato che ci è appartenuto e un domani di cui saremo ricordo…I ricordi di Marzo sono intensi come l’aria che cambia col vento di primavera. Ricordo l’attesa del suo ritorno, il mio desiderio di bimba di abbracciarlo, di stringerlo forte perché nessuno potesse più portarmelo via: era mio padre, che quel 19 marzo 1970 faceva ritorno a casa dopo due anni trascorsi in ospedale. Era un giorno di festa allora: San Giuseppe, la Festa del papà… la festa del “mio” papà, che si chiamava anche Giuseppe. Le istantanee della mia infanzia e degli anni a venire, fino alla morte di mio padre, tutte hanno in sottotraccia la filigrana del ricordo di quel ritorno: avevamo sconfitto quell’ombra di morte, ipoteca sul nostro futuro di padre e figlia. 18 marzo 1978: il tempo di crescere e di saltare a piè pari nelle altre fasi della vita che, per altri aspetti e altri contesti, quell’ombra di morte tornò a proiettarsi dentro di me. Era una splendida sera di inizio primavera, l’indomani era festa, la festa del “mio” papà, con gli amici di sempre andavamo verso piazzale Loreto quando, tra sirene e gente che correva in direzione opposta alla nostra, realizzammo che qualcosa di inaudito era successo: sulle strade di casa, una mano fascista aveva ucciso Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, due compagni del centro sociale Leoncavallo. Avevano violentato la nostra adolescenza, il sangue di Fausto e Iaio tingeva di rosso le nostre strade, il vento di primavera odorava di morte. La festa del giorno dopo non fu più la stessa: le lacrime di mio padre davanti ai servizi del telegiornale e le sue parole – “soltanto i fascisti uccidono così” – sono un testimone che ho raccolto, nella sacralità che per noi aveva quel giorno, per trasformare il ricordo in memoria attiva e prassi quotidiana antifascista. I ricordi di marzo sono un dialogo silenzioso e intimo tra un passato che si è fatto costantemente presente nel divenire del futuro. L'uomo mortale, Leucò, non ha che questo d'immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia.
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News » STORIA E MEMORIA di Mauro Bonafede | domenica 19 marzo 2017
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