Intramontabile piacere, guardare fuori dalla finestra
28 aprile 2025
Un gesto semplice, una soglia dell’anima
C’è un gesto che attraversa i secoli, che sopravvive ai cambiamenti della tecnologia, ai ritmi accelerati della modernità, ai rumori del mondo: guardare fuori da una finestra.
In apparenza, non succede nulla. Il corpo è immobile, lo sguardo si posa su qualcosa là fuori: una strada, un giardino, il cielo grigio, il vicino che rincasa. Ma dentro, qualcosa si muove. È un doppio movimento: l’occhio si sporge verso l’esterno, mentre il pensiero torna in sé, si raccoglie, si ascolta.
È una soglia. Un confine poroso tra dentro e fuori, tra ciò che vediamo e ciò che sentiamo. Un gesto liminale, direbbe Victor Turner: uno spazio sospeso, dove ci si separa momentaneamente dal mondo per ritrovarsi in una dimensione di potenziale trasformazione.
Come in un dipinto di Vermeer, la finestra non è solo un’apertura architettonica. È una metafora dell’anima, una cornice attraverso cui il mondo esterno diventa il riflesso di ciò che abbiamo dentro. In quell’attimo di sospensione, siamo pienamente vivi, ma anche misteriosamente altrove. Non siamo più del tutto presenti, ma neppure assenti. Solo... sospesi. E in quella sospensione, ci pensiamo. Ci ascoltiamo. Forse ci ritroviamo.
Gaston Bachelard parlava di “spazi abitati”, luoghi intimi dove la realtà si colora di immaginazione. Guardare fuori dalla finestra è uno di questi spazi. Lì, il paesaggio smette di essere solo ciò che è, e diventa una tela su cui proiettiamo desideri, ricordi, possibilità. È come quando, da bambini, si restava incantati davanti a un vetro appannato, disegnando sogni con un dito. Il gesto è rimasto lo stesso, anche se siamo cresciuti.
In un tempo dominato dalla velocità compulsiva, dalla sorveglianza algoritmica e dalla distrazione permanente, fermarsi a guardare fuori da una finestra è un atto radicale. Un piccolo gesto di resistenza. Un invito al pensiero lento, alla contemplazione. Forse anche all’amore.
Perché ogni storia d’amore – con un altro, con la vita, con sé stessi – inizia così: con uno sguardo da lontano. Con quella distanza carica di desiderio, con quella dolcezza sospesa che precede l’incontro. Lo canta Alison Moyet in Only You: “Looking from a window above, it's like a story of love”. Non serve altro. Solo un vetro, un tempo vuoto, e il coraggio di abitare il silenzio.
Guardare fuori da una finestra non è solo un gesto.
È una postura esistenziale.
È una dichiarazione d’intenti.
È una forma d’amore.
E forse è proprio per questo che, nonostante tutto, non smetteremo mai di farlo.
di Giorgia Pellegrini
Foto libere da copyright
Video https://youtu.be/q4_fi6ZG02k?si=vCIqoZ65oME2FCa_ https://youtu.be/FH8Y6nN7N1E?si=ggzWl5WqIxJKtV5J
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