Maria Angela Gelati racconta Il Rumore del Lutto
29 settembre 2025
Parlare di morte non è mai semplice. È uno di quei temi che la società tende a rimuovere, come se nominarla potesse farla avvicinare di più. Eppure, è una presenza costante, inevitabile, parte integrante della vita. Il Rumore del Lutto nasce proprio qui: dal desiderio di trasformare un silenzio imbarazzato in un dialogo collettivo, un luogo in cui la morte non sia tabù ma occasione per riflettere sul senso profondo dell’esistenza.
Dal 2007, questa rassegna culturale ideata e diretta da Maria Angela Gelati insieme a Marco Pipitone, porta a Parma e oltre confini un messaggio rivoluzionario: non si tratta di celebrare la morte, ma di riconoscere che affrontarla significa imparare a vivere meglio.
«Se dovessi descrivere Il Rumore del Lutto in tre parole direi: vita, sguardo e coraggio», racconta Gelati. Tre parole che non evocano cupezza, ma vitalità. «Non celebriamo il lutto in sé. Creiamo cultura, linguaggi, spazi di confronto. Non è qualcosa di macabro, ma liberatorio: rende le persone più consapevoli e, paradossalmente, più libere».
Dal silenzio alla relazione
Quando il festival nacque, quasi vent’anni fa, parlare pubblicamente di morte sembrava un azzardo. Eppure, quello che allora appariva fragile si è rivelato autentico e necessario. «La morte, se le dai voce, smette di essere silenzio e diventa relazione. La sorpresa più grande è stata vedere che oggi non siamo più noi a portare il festival alle persone, ma sono le persone a portare se stesse al festival».
Il cambiamento di mentalità è arrivato soprattutto con la pandemia: «Fino ad allora la morte era qualcosa da nascondere. Ma dal 2020 siamo stati costretti a guardarla in faccia. In quel momento abbiamo capito che non eravamo più percepiti come un evento di nicchia, ma come un luogo necessario».
L’invisibile che unisce
Il tema di quest’anno è l’invisibile. Inclusione, spiega Gelati, significa allargare lo sguardo, offrire linguaggi che appartengano a tutti: «La vita, con le sue trasformazioni, riguarda ogni cultura, ogni generazione. Invisibile non è assenza, ma un modo diverso di presenza: le memorie, i legami, le speranze. Dare spazio a queste dimensioni significa non lasciare nessuno fuori».
Il festival diventa così una trama corale di prospettive, dall’arte alla scienza, dalla filosofia alla spiritualità, capace di ricordarci che la fragilità non è un difetto, ma parte della nostra forza. «Accettare il lutto non ci toglie vita, ce ne restituisce. Ci riporta al presente, al qui e ora, dove la vita accade davvero».
Educare alla vita
Non solo adulti. Il Rumore del Lutto parla anche ai bambini e ai ragazzi, con laboratori e attività pensate per loro. «I bambini non hanno paura della morte, hanno paura dei silenzi degli adulti. Non è traumatizzarli parlarne, ma offrire strumenti per crescere più veri, più solidi».
Fiducia e futuro
Se potesse tornare al 2007, Maria Angela direbbe a sé stessa una sola cosa: abbi fiducia. «Non stai facendo una follia, stai aprendo una strada. Non lasciarti scoraggiare da chi non capirà subito: il tempo sarà il tuo alleato».
Guardando avanti, i sogni sono chiari: che il festival diventi patrimonio condiviso, che Parma resti la sua casa ma che il messaggio viaggi ovunque. E tra i desideri più concreti, uno speciale: «Portare Nick Cave e Susie Cave al festival».
Un insegnamento di vita
In fondo, il dono più grande che questa esperienza ha lasciato a Gelati è semplice e profondo: «La morte non è solo fine, ma linguaggio. Ogni vita, anche quando si spegne, lascia tracce: parole, gesti, legami. E riconoscerle significa avere più fiducia nella vita».
Perché Il Rumore del Lutto non parla di morte, ma di vita. Di come viverla senza paura, con consapevolezza, con l’urgenza di non sprecare un solo istante. Come recita il motto del festival: “Vivi intensamente, abbraccia ogni istante”.
di Giorgia Pellegrini
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