Ibrahimovic, l'addio al calcio e la nuova vita

06 giugno 2023

di Paola Bonacina

“Da oggi si inizia a fare sul serio, goditi la vita e quei due soldi che hai messo da parte!” Gliel’ha detto anche il suo ex compagno e amico fraterno Massimo Ambrosini, via social. Non eravamo pronti, forse perché inconsciamente pensavamo che questo momento non sarebbe mai arrivato.  Ieri sera Ibrahimovic ha detto addio al calcio. Silenzio, poi gli applausi. Ibrahimovic si presenta in sala stampa dopo aver consumato lacrime e si congeda anche dai giornalisti: “Sì, lascio il calcio. Non l’avevo detto a nessuno, neanche alla società o alla mia famiglia. Ringrazio anche voi per la pazienza, ora avrete meno lavoro. Forse”.

Ci ha cambiato la vita due volte, nel 2010 quando è arrivato la prima volta al Milan e nel 2020 quando ha deciso di tornare per quella che in tanti definivano una pensione anticipata. Lo abbiamo avuto al massimo della sua potenza fra il 2010 ed il 2012, quando ha raggiunto il picco della sua maturazione tecnica, facendoci vincere uno scudetto e portandoci, con quasi 30 gol, al secondo posto in un campionato deciso da due gol oltre la linea non convalidati. Nel 2020, quando è tornato, abbiamo sperato tutti che potesse darci una mano, che potesse essere d'esempio per tanti ragazzi giovani. Ibra è andato oltre. Ha giocato a spezzoni, non sempre, quasi 53 partite considerati i minuti totali. 53 partite in 3 anni e mezzo sono poche ma i suoi numeri rimangono significativi: 37 gol e 12 assist.
E ora? Che succede? Per Zlatan Ibrahimovic è inevitabilmente anche l’inizio di una nuova vita. Di certo all’inizio si dedicherà alle sue (varie) attività imprenditoriali. Zlatan ora farà anche il papà a tempo pieno. Maximilian e Vincent, 16 e 15 anni, giocano nelle giovanili rossonere. Fra i suoi interessi c’è anche il business sportivo: a giorni inaugurerà a Segrate il Padel Zenter, un maxi progetto che può contare già altre cinque sedi in Svezia.

E intanto Ibrahimovic sogna il Milan da dirigente: “Non ho pensato di andare al Monza, intanto. Ora devo capire cosa farò. Essere allenatore o direttore sportivo è una responsabilità. Quando sei calciatore hai più possibilità di essere te stesso, da allenatore sei più limitato. Non posso arrivare in Ferrari se sono un allenatore, o forse Ibra può. Cambiamo le regole, dai. Scherzi a parte, non penso di lasciare il calcio in generale, ma se entro di nuovo in questo mondo devo partire da zero e crescere”. 

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