L'Infinito senza farci caso di Franco Arminio

21 novembre 2019

di Gio Catena

Manifesto delle intimità provvisorie

Accade una cosa curiosa: la pornografia dilaga. Quella che chiamiamo Rete è un gigantesco arcipelago porno, con alcune isole in cui si fa altro. Nessuno si pone il problema di disciplinare in qualche modo l’uso del porno. Però con grande ipocrisia sui social se usi la parola “cazzo” vieni espulso. E se metti una poesia dal contenuto esplicitamente sessuale scatta subito un certo moralismo. Oggi se avessimo uno come Pietro Aretino non credo che avrebbe un grande riconoscimento. Anche nella vita privata delle persone accade questa cosa singolare: ci si continua a sposare pur sapendo che il matrimonio spesso è il prologo alla separazione. Sono cambiate le nostre esigenze di natura sentimentale, ma restiamo dentro le stesse formule. 

La poesia, cioè l’arte di cantare la bellezza e il terrore di essere al mondo, parteggia per la ricerca di nuovi modi di percepire noi stessi e gli altri. L’amore per essere nuovamente vivo deve portare dentro l’infimo e l’immenso, non può stazionare nelle righe dell’uomo intermedio. Dobbiamo riprendere a oscillare verso gli estremi, l’amore è grande umiltà e grande arroganza, vogliamo acciuffare in un abbraccio non tanto un corpo, ma la salute che dio perde strada facendo e che noi dobbiamo trovare per dare un senso alle nostre giornate. 

L’amore è la religione che ha per altare i nostri corpi, è il nostro contributo alla festa di essere al mondo. 

L’amore è l’unico modo per uscire dalla galera dell’attualità. Se non amiamo non solo restiamo reclusi, ma contribuiamo ad alzare i muri della nostra galera. In amore non bisogna mai aspettare le mosse degli altri. Dobbiamo fare tutto noi e dobbiamo farlo subito. 

Io non so che cosa sia l’amore. So cosa sono le intimità provvisorie. Non pensate a godimenti fuggitivi, non pensate alle divagazioni non matrimoniali. Credo che solo una visione vecchia di noi stessi e degli altri ci possa ancora far pensare all’amore come a una cosa che prima non c’è e poi compare e poi finisce. A me sembra che ci sono parti di noi che in un certo senso sono sempre in amore e altre che sono sempre in fuga o sepolte e irreperibili. L’amore si svolge dentro i confini di una cultura e di una religione che temono il giacimento mitico e poetico a cui ci fa attingere ogni incontro bello. E amare non è altro che incontrare e farsi incontrare. Poi può essere per un’ora o per mezzo secolo, poco importa. 

È tempo di riscrivere l’alfabeto sentimentale. Non siamo fatti per essere in coppia, non siamo fatti per tradire e neppure per essere fedeli. Semplicemente non siamo fatti una volta per sempre. L’amore costruisce il dio che ci guida, non è già pronto, non è una forma in cui entrare e poi magari stare tutto il tempo a pensare come uscirne. L’amore è una dimensione intimamente locale, si svolge sempre in un luogo ed è sempre inedito ogni suo gesto. Bisogna lasciar correre tutta la vita dove vuole, seguire solo il volo imprevedibile dell’amore.

 “Manifesto delle intimità provvisorie” è tratto dall’ultimo libro di Franco Arminio, L’infinito senza farci caso, in uscita in questi giorni presso Bompiani.

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