"LE SIGNORE IN NERO”: IL CASO EDITORIALE DI QUESTA ESTATE

06 luglio 2019

di Raffaella Iannece Bonora

Il 12 novembre del 1941 nasceva, in Australia, Madeleine St. John, brillante scrittrice di cui in Italia si sa davvero poco e di cui, grazie alla Garzanti, finalmente si sta parlando! Madeleine è stata l'unica donna australiana ad essere candidata al Man Booker Prize, concorso letterario istituito nel 1968 che premia ogni anno il miglior romanzo scritto in inglese e pubblicato nel Regno Unito. La casa editrice Garzanti, dopo 13 anni dalla scomparsa dell'autrice, ha deciso di pubblicare per noi il suo primo capolavoro, "Le signore in nero", l'unico ambientato su quel continente che Madeleine ha abbandonato, per approdare nella fredda Londra. Qui ha lavorato per librerie in Notting Hill e antiquari di Porto Bello, esperienze che forse l'hanno guidata nella stesura del romanzo basato proprio sulla vita da commessa negli anni Cinquanta. Oggi è considerata una delle più grandi autrici del Novecento, nel 2006 morì da sola in ospedale, come tutti gli artisti più geniali la sua fama giunge, purtroppo, solo postuma. Le signore in nero (1993) è il suo romanzo d’esordio, seguito da A Pure Clear Light (1996), The Essence of the Thing (1997) e A Stairway to Paradise(1999), fil rouge della sua opera il femminismo, mai affrontato con tono aggressivo, anzi, la St. John porta sotto gli occhi dei lettori l'esempio di donne forti, ostinate, che portano avanti le loro idee, realizzano i loro sogni, senza magari gesti plateali ma impegnandosi e non mollando mai. 

Le vicende de "Le signore in nero" si svolgono nel 1950 e, anche se scritto nel '93, ha quel tipico retrogusto agrodolce dei libri anni '50, o anche più datati, quel sapore indefinibile tipico de "Il Grande Gatsby", classe 1922, o "Colazione da Tiffany" del '58. Molti lo hanno paragonato a "Piccole donne" ed "Orgoglio e Pregiudizio", forse solo con quest'ultimo ho notato alcune assonanze, ma non così tante come mi avevano fatto credere. Vogue lo ha definito "una perla", non potrei essere più d'accordo. Il libro si apre con una serie di capitoli dedicati ai vari personaggi, un ottima scelta stilistica che permette al lettore di orientarsi meglio nel dedalo della trama, di figurarsi il personaggio, di disegnarlo, di renderlo unico nel panorama letterario, grazie ad un dettaglio fisico, una tipica espressione del volto, la voce, un atteggiamento e, ancora, anzi, soprattutto, grazie alla sua storia, quel passato che lo ha reso così. Madeleine racconta questo libro come se stesse spiegando ad un gruppo di casalinghe la ricetta di una bella torta solo che, con lo zucchero e il latte, mescola anche curry e peperoncino. Sono presenti tutti gli stereotipi  del tempo, maschilismo a macchia di leopardo, la donna vista solo come moglie e madre, per la quale è inutile studiare e che, senza un marito accanto non vale nulla ma, dietro questa facciata, c'è un mondo femminile che, lentamente e costantemente, senza mai indietreggiare di un centimetro, sta iniziando a muoversi per riscattare i propri diritti. Lisa non abbandona il sogno di andare all'Università, nonostante il divieto del capo famiglia, e alla fine la spunta siccome "una ragazza intelligente è una delle meraviglie del creato, non dimenticarlo mai. Tutti si aspettano che gli uomini siano in gamba e che le ragazze siano stupide o semplicemente delle sciocchine, mentre pochissime lo sono, anche se molte si comportano come se lo fossero per far piacere ai maschi". 
Curiosi i rapporti interpersonali, Magda che prende Lisa sotto la sua ala protettrice, Leslie/Lisa con sua madre e il "non" rapporto con un padre assente, presente solo per disturbare e rovinare i piani delle due donne, che avrebbe voluto un maschio e invece...
Fay con l'amica Maya, con gli uomini, con Rudi e, ancor di più, il rapporto di ognuna di loro con sé stessa, esempio perfetto la frase di Patty "ma lei desiderava solo star sola. Non se la sentiva di fingere. Be', qualche volta succede, qualche volta le bugie che uno si racconta sono perfino peggiori di quelle che si dicono agli altri. Sembra impossibile, ma è così". Gli argomenti affrontati sono molto profondi, ma solo se si osserva oltre le apparenze, è un rocambolesco dietro le quinte protetto da un sipario luccicante, la St Jhon parla con leggerezza, come se stesse discutendo del suo ultimo acquisto in boutique. La narrazione in terza persona è scorrevole, piacevole, l'unica possibile per una storia che ha tante sfaccettature. La scrittrice si concentra sul mondo femminile e non svela più di quello che i tabù del buon gusto old style avrebbe permesso, forse solo con Patty va oltre, quando diamo una sbirciatina alla sua vita sessuale col marito, una vita inesistente che, quando esplode spaventa tutti, o meglio, soddisfa Patty, donna fatta e finita ma terrorizza suo marito, descritto come uno zotico, uno stupido. Un piacere inaspettato che crea uno scompiglio indicibile nella vita matrimoniale, fino ad allora trascorsa in maniera fin troppo monotona. Per il resto gli uomini sono appena abbozzati, quasi un fastidio, un peso necessario. Si distinguono soltanto Stefan, il marito di Magda, e Rudi, due uomini europei, diversi, stranieri, allo stesso tempo affascinanti e inaffidabili, si avverte la differenza di giudizio fra australiani ed europei, non necessariamente negativo. "Nessuno capisce gli uomini. Noi non li capiamo e nemmeno loro si capiscono. È sicuro come l'oro. Ecco perchè fanno queste stupidaggini, tipo andarsene. Ne avrei di storie da raccontarti! Ma alla fine tornano sempre a casa. Non riescono a cavarsela da soli. Sono solo dei bambini [...] Gli uomini sono dei grandissimi egoisti. Pensano solo a loro stessi" dice la madre a Patty, e ancora "gli uomini [...] sono repressi, incapaci di esprimere i loro sentimenti - in breve, stupidi". Queste frasi condensano l'intera concezione dell'universo maschile. Nonostante ciò l'uomo è fondamentale, una croce da tollerare per avere rispetto e, soprattutto figli, perchè senza prole una donna a cosa serve? A nulla, come fa notare il medico a Patty o come quando la madre di Maya afferma "vorrei che tu trovassi un uomo a posto per Fay. Mi piace quella ragazza. È un peccato che non abbia incontrato il tipo giusto, qualcuno da sposare. Poverina, senza neanche uno straccio di famiglia, ha bisogno di un marito". 
Le descrizioni sono uniche, che sia quella di un appartamento, di un abito, di un rossetto, la più pittoresca di tutte è quella del party di Capodanno, una sequela di tutte le osservazioni di Magda, perfetta padrona di casa vintage, solo frasi che ci permettono di intuire cosa sta accadendo senza saperlo davvero, tutto ciò che dobbiamo sapere lo percepiamo dai suoi commenti, dal primo buonasera all'ultima buonanotte per il marito. Non tutto viene svelato, anzi i misteri sono molti, è un frammento di un grande quadro, non lo vediamo nella sua interezza, possiamo solo immaginarlo. La stessa Miss Jacobs resta una incognita dall'inizio alla fine, speravo di scoprire qualcosa in più su di lei ma, se poi così fosse stato, addio magia. 
Uno dei romanzi più belli che io abbia mai letto finisce così, improvvisamente, senza un cenno, senza una virgola che faccia presagire l'epilogo, giri la pagina e scopri che è bianca e allora torni indietro per gustartele meglio quelle ultime righe. E scopri che mica l'avevi capito dove sarebbe andato a parare, ti ha sorpreso fino all'ultimo capoverso, perchè t'eri fatta dei piani che non erano gli stessi di Madeleine. Ecco, "imprevedibile", è questo l'aggettivo giusto. "Le signore in nero" si chiude sull'immagine di una giovane donna che, finalmente è sbocciata e, in silenzio, con semplicità e intelligenza, sta conquistando la sua meritatissima libertà e si chiude con un pensiero filosofico di Mr Ryder, proprietario di Goode's "[...] Il cambiamento è legge della vita". 

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