Grazia Deledda, novant'anni di Nobel 1871-1936

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Grazia Deledda, novant'anni di Nobel 1871-1936

di Giovanna Ferradini

Grazia Maria Cosima Damiana Deledda è stata una scrittrice italiana, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel 1926. Nacque a Nuoro il 27 settembre 1871, quinta di sette tra figli e figlie, in una famiglia benestante. Il padre, Giovanni Antonio Deledda, aveva studiato legge, ma non esercitava la professione. Era un imprenditore e agiato possidente, si occupava di commercio e agricoltura; si interessava di poesia e lui stesso componeva versi in sardo, aveva fondato una tipografia e stampava una rivista. Fu sindaco di Nuoro nel 1892. La madre era Francesca Cambosu. Dopo aver frequentato le scuole elementari fino alla classe quarta, Grazia Deledda venne seguita privatamente da un professore ospite di una parente della famiglia Deledda che le impartì lezioni di base di italiano, latino e francese (i costumi del tempo non consentivano alle ragazze un'istruzione oltre quella primaria e, in generale, degli studi regolari). Proseguì la sua formazione da autodidatta ma, importante per la formazione letteraria di Grazia Deledda, nei primi anni della sua carriera da scrittrice, fu l'amicizia con lo scrittore, archivista e storico dilettante sassarese Enrico Costa che per primo ne comprese il talento. La famiglia venne colpita da una serie di disgrazie: il fratello maggiore, Santus, abbandonò gli studi, divenne alcolizzato e affetto da delirium tremens; il più giovane, Andrea, fu arrestato per piccoli furti. Il padre morì per una crisi cardiaca il 5 novembre 1892 e la famiglia dovette affrontare difficoltà economiche. Quattro anni più tardi morì anche la sorella Vincenza. Nel 1888 inviò a Roma alcuni racconti, "Sangue sardo" e "Remigia Helder", furono pubblicati dall'editore Edoardo Perino sulla rivista "L'ultima moda", diretta da Epaminonda Provaglio. Sulla stessa rivista venne pubblicato a puntate il romanzo "Memorie di Fernanda". Nel 1890 uscì a puntate sul quotidiano di Cagliari L'avvenire della Sardegna, con lo pseudonimo Ilia de Saint Ismail, il romanzo "Stella d'Oriente", e a Milano, presso l'editore Trevisini," Nell'azzurro", un libro di novelle per l'infanzia. Deledda incontrò l'approvazione di letterati come Angelo de Gubernatis e Ruggero Bonghi, che nel 1895 accompagnò con una sua prefazione l'uscita del romanzo "Anime oneste". Scrisse riviste sarde e continentali: La Sardegna, Piccola rivista e Nuova Antologia. In questo periodo si appassiono' alla letteratura russa e scrisse romanzi e racconti di argomento isolano. Nel 1896 il romanzo "La via del male" fu recensito in modo favorevole da Luigi Capuana. Nel 1897 uscì una raccolta di poesie, "Paesaggi sardi" edito da Speirani. Nell'ottobre del 1899 la scrittrice si trasferì a Roma. Nel 1900, sposò Palmiro Madesani, funzionario del Ministero delle Finanze, conosciuto a Cagliari. A Roma condusse una vita appartata. Ebbe due figli, Franz e Sardus. Nel 1903 la pubblicazione di "Elias Portolu" la confermò come scrittrice e l'avviò ad una fortunata serie di romanzi ed opere teatrali: "Cenere" (1904), "L'edera" (1908), "Sino al confine" (1910), "Colombi e sparvieri" (1912), "Canne al vento" (1913), "L'incendio nell'oliveto"(1918), "Il Dio dei venti" (1922). Da Cenere fu tratto un film interpretato da Eleonora Duse. La sua opera fu apprezzata da Giovanni Verga oltre che da scrittori più giovani come Enrico Thovez, Emilio Cecchi, Pietro Pancrazi, Antonio Baldini. Fu riconosciuta e stimata anche all'estero: D.H. Lawrence scrive la prefazione della traduzione in inglese de "La madre". Grazia Deledda fu anche traduttrice; è sua infatti una versione di "Eugénie Grandet" di Honoré de Balzac. Nel 1926 le venne conferito il premio Nobel per la letteratura. Un tumore al seno di cui soffriva da tempo la portò alla morte il 15 agosto 1936. Le spoglie di Deledda sono custodite in un sarcofago di granito nero levigato nella chiesetta della Madonna della Solitudine, ai piedi del monte Ortobene di Nuoro. Lasciò incompiuta la sua ultima opera "Cosima", quasi Grazia, autobiografica, che apparirà in settembre di quello stesso anno sulla rivista Nuova Antologia, a cura di Antonio Baldini e poi verrà edita col titolo Cosima. La sua casa natale, nel centro storico di Nuoro (Santu Predu), è adibita a museo. La poetica della scrittrice è basata sull'etica patriarcale del mondo sardo e le sue atmosfere fatte di affetti intensi e selvaggi. L'esistenza umana, inoltre, è in preda a forze superiori, "canne al vento" sono le vite degli uomini e la sorte è concepita come "malvagia sfinge". La critica in generale tende a incasellare la sua opera, di volta in volta, in questo o in quell'-ismo: regionalismo, verismo, decadentismo, oltre che nella letteratura della Sardegna. Altri critici, invece, preferiscono riconoscerle l'originalità della sua poetica. Tuttavia parecchi critici italiani avanzavano riserve sul valore delle sue opere. I primi a non comprendere Deledda furono i suoi stessi conterranei. Gli intellettuali sardi del suo tempo si sentirono traditi e non accettarono la sua operazione letteraria, ad eccezione di alcuni: Costa, Ruju, Biasi. Le sue opere le procurarono le antipatie degli abitanti di Nuoro, in cui le storie erano ambientate. I suoi concittadini erano infatti dell'opinione che descrivesse la Sardegna come terra rude, rustica e quindi arretrata.

Grazia Maria Cosima Damiana Deledda, Nuoro 27 settembre 1871 – Roma 15 agosto 1936

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