IL CARDINALE - Giovanni Gerolamo Morone

28 marzo 2020

di Ambrogio Damilano

Il ritratto del cardinale Giovanni Gerolamo Morone, oggi praticamente dimenticato, ma con una vita lunga e avventurosa.

Nato a Milano nel 1509, era il penultimo di 10 figli della nobile Amabilia Fisiraga e di Girolamo Morone, conte di Lecco e Gran Cancelliere del Ducato di Milano sotto gli ultimi Sforza. I Morone erano una nobile famiglia milanese sin dai primi decenni dopo il Mille; secondo la tradizione, un cavaliere della famiglia Morone tornò dalle crociate portando dei semi della piante del gelso, indispensabili per la coltivazione del baco da seta. 

Per questo motivo il gelso, in milanese, è chiamato "moron".

Stemma del Morone  Stemma del Morone

Tra il 1212 e il 1255 Jacopo Morone fu tra i capi della Repubblica Milanese. I Morone avevano il loro palazzo di famiglia in quella che oggi è via Gerolamo Morone 3.

Giovanni fu mandato a studiare giurisprudenza a Padova, ma a causa degli intrighi orditi dal padre, teso a salvare Milano dalle mire degli Asburgo e dei Valois, dovette interrompere gli studi e rifugiarsi a Roma, presso Papa Clemente VII, amico del padre.

Questi lo mandò prima presso il vescovo di Tortona e poi, nel 1529 lo nominò vescovo di Modena.

Del tutto ignorante in materia teologica e pure di incerta fede, il vescovo si dimostrò però maestro di politica, che aveva imparato dal padre.

Sia Clemente VII che il successore Paolo III intuirono in Giovanni Morone una incredibile capacità come ambasciatore e fu così mandato come Nunzio Apostolico alla corte di Ferdinando d’Asburgo a Vienna e in Boemia fra il 1536 e il 1540, e poi a quella di Carlo V a Gand.

Legato come il padre agli Asburgo, venne da questi sovrani riconosciuto come un abilissimo e fidato stratega e politico.

Da ambasciatore in Germania vide la Riforma Luterana prendere rapidamente piede e ne riconobbe la bontà del messaggio; scrisse numerose lettere a Roma chiedendo di non cercare di battere la Riforma con la violenza o le scomuniche, ma per via Conciliare e facendo propri alcune delle riforme luterane.

Queste lettere costarono però carissimo al milanese, che iniziò ad essere "chiaccherato" a Roma.

Tornato a Milano nel 1542, venne eletto Cardinale di Modena a giugno; tentò poi di trovare una via conciliante tra Cattolici e Luterani, ma, per tutta risposta, il 21 luglio 1542 Papa Paolo III istituì il Santo Ufficio dell’Inquisizione romana.

Morone pensò di doversi dimettere dalla Cattedra di Modena, ma godeva ancora della stima del Papa come politico. Fu così mandato come Legato Papale al Concilio di Trento.

Concilio di Trento
Fu però durante il viaggio verso Trento che Morone conobbe il Cardinale d'Inghilterra Reginald Pole, che lo introdusse a quelle che erano allora considerate eresie, come le dottrine dei Valdesi. Fu poi Marco Antonio Flaminio, durante il Concilio, a far convertire del tutto Morone alle dottrine di Juan de Valdés.

Durante il Concilio di Trento, il Morone si espose sempre di più, esortando la Chiesa a combattere la sua corruzione, a mediare coi Luterani e sostenendo di dover eliminare la Curia Romana. Arrivò a sostenere la tesi valdesiana, che il clero non fosse necessario per un buon cristiano.

Tornato a Modena nel 1543 iniziò una profonda riforma nella diocesi, ispirandosi alle dottrine Valdesi e Luterane. Nel maggio 1544 fu mandato come Legato a Bologna e pochi mesi dopo fu spedito alla corte imperiale per contribuire a una pace tra Asburgo e Valois che consentisse la ripresa del concilio. I sospetti su di lui aumentavano sempre più, ma il legame con il Papa resisteva ancora.

Nel 1549 rinunciò alla cattedra di Modena e si trasferì in Curia a Roma, giusto per veder morire il suo protettore Paolo III. Il conclave seguente fu scosso dalla battaglia violentissima tra il Cardinale Carafa e il Cardinale Pole, che eliminò accusandoli di eresia. Alla fine prevalse però Papa Giulio III , con cui Morone aveva un ottimo rapporto.

Fu proprio Giulio III, per fermare lo strapotere di Carafa e dell'Inquisizione a mettere Morone al vertice della Congregazione del Tribunale della Fede e poi lo mise a capo delle commissioni che dovevano preparare i testi da discutere nel nuovo concilio. Sempre a Morone vennero date le deleghe per riformare la Curia Romana e nel 1555, infine, Giulio III lo designò legato papale alla corte imperiale in occasione della dieta di Augusta.

Giulio III morì però improvvisamente il 22 marzo 1555 e il Cardinale Giovanni Morone era ormai il principale candidato del "partito degli Asburgo"; unico rivale il Cardinale di Napoli Gian Pietro Carafa.

Questi, subdolamente, era da due anni che aveva dato mandato all'Inquisizione di accumulare materiale contro Morone, così come aveva fatto contro tutti gli altri possibili avversari nella lotta per il papato: Pope, l’arcivescovo d’Otranto Di Capua, il vescovo di Bergamo Soranzo, il patriarca di Aquileia Grimani.

Giulio III, più volte, ammonì l'Inquisizione e Carafa di smettere di istruire processi per Le mosse di Carafa vinsero al secondo conclave e il 23 maggio 1555 fu eletto Papa Paolo IV.

Il 26 giugno Carafa fece istruire il processo inquisitorio contro il rivale Morone. Morone fu arrestato il 31 maggio 1557 e rinchiuso in Castel Sant’Angelo, il suo palazzo veniva perquisito e le sue carte sequestrate.

L'inconsistenza delle accuse e soprattutto la stima che il cardinale milanese godeva presso Re Filippo II di Spagna e presso l'Imperatore Ferdinando d'Asburgo, portarono a un sostanziale congelamento del processo.

Solo nel giugno 1559 il tribunale permise a Morone di conoscere le accuse e potersi difendere; Morone assunse i migliori avvocati possibili, presentò una colossale mole di documenti e atti suoi e una vastissima corrispondenza con parole di elogio per il suo operato da parte di tutti i sovrani europei, vari papi e cardinali.

Ciò nonostante Papa Paolo IV forzò tutte le norme procedurali per riuscire ad avere la condanna a morte di Morone, senza però riuscirci. 

Sentendo la fine vicina, ultraottantenne, Carafa emanò la Bolla Papale "Cum ex apostolatus officio" che sanciva l’ineleggibilità al trono papale di ogni cardinale che avesse dato adito anche solo a sospetti di eresia.

Quando nel marzo 1561, finalmente Paolo IV morì, la popolazione di Roma esplose in una colossale rivolta, assaltando e distruggendo i palazzi della famiglia Carafa, attaccando la Curia e dando fuoco al Carcere di Ripetta dove si trovavano i romani incarcerati dalla spietata Inquisizione voluta da Carafa e il deposito degli atti processuali, tanto che i documenti sul processo contro il Morone vennero distrutti dal fuoco.

La Curia Romana, per buona parte nominata proprio dal Carafa, decise di liberare il Morone e di restituirgli la dignità cardinalizia e farlo accedere al nuovo conclave.

Decisivo fu l'intervento in suo favore di Re Filippo II.

Colpito dalla Bolla, Morone non potè essere eletto; salì però al soglio il milanese Giovanni Angelo Medici di Marignano, Papa Pio IV.

Il nuovo Papa, milanese come Morone, diede una brusca sterzata alle vicende della Curia Romana. Come primo atto fece arrestare i corrotti nipoti di Papa Carafa e li fece condannare a morte. 

Limitò i poteri dell'Inquisizione e sostanzialmente tolse ogni potere ai cardinali nominati da Carafa.

Elesse poi come consigliere speciale proprio il Morone.

Il 6 marzo 1650 venne pubblicato la sentenza del processo al Cardinale Morone con cui non solo lo assolveva da ogni colpa e sospetto, ma annullava l’intero processo in quanto nullo e iniquo, imponendo al cardinale Ghislieri, uomo di Carafa, di sottoscriverla personalmente, per vincolarlo a essa anche in futuro.

Per celebrare l’evento Morone fece coniare due medaglie con il suo profilo sul cui rovescio vi è una palma che si piega e due figure allegoriche con il cartiglio "virtute et constantia".

Negli anni successivi Morone fu nominato Cardinale di Novara, Albano, Sabina, Palestrina, Frascati e Oporto, senza però mai spostarsi da Roma o da Milano dove ogni tanto tornava.

L'Inquisizione, disattendendo ancora una volta al volere di Papa Pio IV, continuò ad accumulare documenti su Morone, che a sua volta ne venne informato. Morone, consapevole che il potere dell'Inquisizione era ormai enorme e che un possibile nuovo Papa avrebbe potuto ributtarlo in galera, iniziò a prendere le distanze dai Luterani e dai Valdesi, almeno pubblicamente.

Nel frattempo il Concilio di Trento era nuovamente paralizzato da mesi per i veti dei vari Re ed Imperatori, e il 7 marzo 1563 Pio IV lo designò Legato Papale.

Morone fece un vero miracolo, andando a parlare coi vari sovrani e permettendo di portare a conclusione il Concilio il 4 dicembre.

Pio IV gli fu enormemente grato.

Purtroppo però le cose stavano cambiando rapidamente, soprattutto in Spagna, dove la Riforma stava facendo ingresso. 

Il suo stimato amico Filippo II dovette operare una netta giravolta e prendere le distanze da tutti coloro che cercavano di conciliare cattolicesimo e luteranesimo, Morone compreso.

Questo permise all'Inquisizione Spagnola di dilagare indisturbata in mezza Europa, Milano compresa, che da poco tempo era passata dall'Austria alla Spagna.

Quando nel 1560 il Concilio di Trento doveva riprendere, la Spagna pose il veto alla nomina di Legato del Morone.

L'ambasciatore spagnolo sostenne che l'arrivo a Trento del Morone sarebbe stato "muy escandalosa", proprio per le accuse di eresie mosse al cardinale milanese.

 Papa Pio IV decise di puntare comunque sull'abilità diplomatica che Morone, che infatti nella primavera del 1563 giunse a conclusione dopo ben 18 anni. Grandi complimenti furono fatti al Morone, sia dal Papa che dall'Imperatore.

Alla fine il veto spagnolo sul Morone venne riproposto, tanto che non venne nominato Legato Papale e fu anche cacciato pure dalla Congregazione del Santo Ufficio, cioè dall'Inquisizione.

Il motivo della cacciata e del nuovo ostracismo verso il Morone derivava dalla ricomparsa delle carte processuali, andate distrutte dall'incendio del carcere di Ripetta a Roma.

Il Cardinale Rodolfo Pio, infatti, possedeva una copia dell'intero incartamento del processo contro il Morone, e in quell'anno lo donò al Cardinale Antonio Ghislieri, fanatico ultra ortodosso, teologo e inquisitore dominicano, non vedeva l'ora di riaprire un pubblico processo contro l'odiato Morone.Il Ghislieri nel 1561, a capo dell'Inquisizione a Roma, fece processare, arrestare e abiurare migliaia di valdesi in Calbaria, arrivando a far bruciare vivi i capi delle comunità, circa 150 persone.

Quando il 9 dicembre 1565 Papa Pio IV morì, il Morone si trovò senza più alcuna protezione e con zero possibilità al prossimo conclave.

La Spagna, ormai devastata dalla Santa Inquisizione, era palesemente contraria a lui e il suo maggior rivale, proprio il Cardinale Ghislieri, aveva in mano l'asso vincente: le carte processuali. Anche un eventuale appoggio dell'Austria non averebbe potuto portare Morone al papato.

Il Ghislieri prese addirittura a girare per la Città Santa con un grosso borsone sulle spalle, contenente tutte le carte processuali!

Il conclave si aprì il 20 dicembre 1565 e si chiuse il 7 gennaio 1566, con l'elezione proprio del Cardinale Ghislieri da Alessandria, Papa Pio V.

A favorirne l'ascesa l'appoggio dell'altro "grande milanese" in conclave, altrettanto rigido e ortodosso, San Carlo Borromeo.

Tra i primi atti che Pio V voleva prendere vi era ovviamente la riapertura del processo contro Morone; la Curia e i diplomatici stranieri gli fecero però cambiare idea.Ancora grandissima era la stima che in mezza Europa si aveva del Morone, soprattutto perchè il Concilio di Trento era stato portato a termine grazie alla sua abile arte diplomatica; godeva anche della stima di una parte della Curia stessa, della Casa d'Asburgo e, ovviamente dei Luterani tedeschi.Pio V dovette così desistere, ma sfogò la sua furia ortodossa e cieca contro gli ebrei.

Gli ebrei dello Stato Pontificio vennero obbligati a cedere tutte le loro proprietà e a rinchiudersi in due quartieri, il ghetto di Roma e il ghetto di Ancona. Pio V non volle espellerli perchè li voleva convertire. 

Gli ebrei, privati di ogni diritto, venivano continuamente indottrinati da monaci e frati che si recavano nel ghetto a recitare sermoni e lunghe letture del Nuovo Testamento.Altro atto che segnava un deciso ritorno al passato, dopo il pontificato del milanese Pio IV, fu la riabilitazione del Cardinale Carlo Carafa, corrotto nipote di Papa Paolo IV e condannato a morte e in attesa di giudizio a Castel S'Antangelo.

Morone tornò così nella "sua" diocesi di Modena e riprese a guidare la curia locale dal 23 febbraio 1564.Capita l'aria che tirava il Morone si adeguò al nuovo corso ortodosso. Promosse le riforme Tridentine e stroncò le eresie che serpeggiavano nel modenese.

Nel luglio del 1570 divenne anche Cardinale di Ostia, in modo da potersi riavvicinare alla Curia Romana.

Il 16 novembre 1571, infine, rinunciò alla diocesi di Modena. mantenendo però per sé e la sua famiglia una serie di rendite.

Ormai Cardinale anziano del Collegio, con le sue mosse concilianti verso la politica repressiva e ortodossa del Papa, si ritrovò rapidamente a diventare l'esponente più illustre di tutta la Curia.

La stessa Spagna ricambiò idea sul Morone e fu proprio lui, nel 1571 a convincere la Spagna a entrare nella Lega Santa, promossa da Pio V, contro l'avanzata degli Ottomani nel Mediterraneo.

Con la vittoria nella Battaglia di Lepanto, il 7 ottobre 1571, la gloria del Morone diventò enorme, tanto che Pio V dovette celebrarlo pubblicamente.

L'anno successivo Pio V morì e salì al soglio Gregorio XIII, uno dei papi più importanti della storia della Chiesa.

Ugo Boncompagni, poi Papa Gregorio XIII era bolognese e probabilmente conosceva da moltissimi anni il già Cardinale di Modena Giovanni Morone

Entrambi furono studenti di legge e il Boncompagni divenne poi docente di legge all'Università di Bologna, dove ebbe tra i suoi studenti Alessandro Farnese e Reginald Pole, due ottimi amici del Morone, oltre che San Carlo Borromeo.

Ordinato sacerdote nel 1542, non rinunciò ai piaceri del Mondo, avendo un figlio, Giacomo, nel 1548.

Nel 1561 fu mandato a chiudere il Concilio di Trento proprio con Giovanni Gerolamo Morone. Uno come giurista, l'altro come diplomatico. Fu poi segretario di Papa Pio V. Nel Conclave del 1572 fu eletto Papa. Il ruolo del Morone rimase quello di fine stratega diplomatico al servizio del papa di turno. 

Gregorio XIII non fece eccezione e nel marzo 1575 il Morone fu nuovamente nominato Legato Papale e mandato a risolvere la crisi politica che durava da mesi a Genova. L'anno dopo, nell'aprile 1576 fu inviato alla Dieta di Ratisbona, dove i sovrani locali doveva ricomporre l'assetto dell'Europa centro orientale.

Fu poi Legato a Breslavia, prima di tornare definitivamente a Roma.Nel 1578 venne nominato Cardinale Protettore d'Inghilterra, da mezzo secolo ormai scismatica e ormai definitivamente perduta per Roma. Un ruolo meramente ideologico.

Morì a Roma il 1° dicembre 1580, a 71 anni. Venne sepolto nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva. La sua tomba e le sue spoglie sono andate perdute.

Abbastanza curiosamente, nella stessa basilica è sepolto il grande rivale di tutta la vita del Morone, il Cardinale Carafa/Papa Pio IV.

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