"SPONTANEI SI NASCE" DI GIANFRANCO BIANCHI

20 agosto 2017

di Gianfranco Bianchi

"Spontanei si nasce"

Al professore piacque.
Gli s'illuminò il viso come non avevo mai visto prima: era raggiante, sembrava che avesse visto la cosa più bella del mondo.
Ma il mio disegno non era poi un granché essendo molto semplice, puerile: sembrava fatto da un bambino di sei anni.
In effetti, ero più piccolo di tutti i miei compagni undi-cenni, avendo cominciato le scuole un anno avanti: forse per questo in fondo sentivo di avere anche meno dei miei dieci anni.
Avevo affrontato il compito con molto impegno.
Era la prima volta che dipingevo in 1a media un tema preciso e per giunta con l'ambizione di partecipare ad un concorso internazionale.
Il professore ci aveva dato la massima libertà d'espres-sione, salvo che il tema doveva essere la Natività.

Mi venne in mente un bambino Gesù che mi guardava augurandomi Buon Natale: lo disegnai, semplicemente vestito di bianco, con l'augurio scritto al Suo fianco in cui ogni lettera colorata con allegria ricordava l'arcobaleno.
I disegni dei miei compagni erano alcuni brutti, altri migliori del mio, almeno tecnicamente parlando.
Il prof. ne aveva già visti tanti nella sua vita professionale, ed in quell'occasione i disegni degli alunni delle altre classi e quelli dei miei compagni non l'avevano particolarmente impressionato.
Li guardava velocemente, con fare saccente ma con attenzione: a volte divertito o compiaciuto, dava consigli per migliorare, sempre con garbo. Era un bravo maestro.
Ma appena vide il mio la sua espressione cambiò talmente tanto da sembrare che avesse vinto alla lotteria.
Non avevo mai preso un dieci in vita mia (e, in effetti, fu la prima ed ultima volta) e pensai che l'emozione più grande sarebbe stata quella. Mi sbagliavo. Dopo qualche tempo, una lezione nella mia classe fu interrotta dall'entrata del Preside, accompagnato dal mio professore d'Educazione Artistica.
Con fare solenne annunciarono a tutti che io avevo vinto il primo premio nella sezione Spontaneità al Concorso Internazionale "Giovani Artisti" indetto dal Santuario del Bambin Gesù di Praga in quel di Arenzano, in Liguria, e che ero stato invitato con il prof. e la mia famiglia a ritirare il premio recandomi là per la premiazione.
Mi sentii emozionato come non lo ero mai stato prima d'allora, ma anche piccolo piccolo, mentre i miei compagni mi acclamavano dandomi pacche sulle spalle e facendomi complimenti d'ogni genere. Il preside era compiaciuto del mio risultato ma anche del lavoro di squadra: anche la classe era uscita bene da quell'avventura ed i miei amici l'avevano capito.
Ovviamente qualche invidioso ci fu, ma si fece notare solo in futuro, quando prese voti migliori dei miei.

Mia mamma fu contentissima, il babbo scocciato perché ci avrebbe dovuto accompagnare in Liguria

Partimmo in una giornata piovosa facendo tappa nella piccola chiesa di Salivoli, il paese dove abitavo.
Era lì, in quella frazione di Piombino che il professor Mazzi faceva lezione di catechismo, e fu lì che ricevetti una brutta notizia: non sarebbe venuto con noi ad Arenzano. Aveva pronta la valigia, a scuola già sapevano che saremmo tornati dopo due giorni ma all'ultimo momento si fece convincere dal parroco di quella piccola chiesetta che i ragazzi del catechismo avevano bisogno di lui.
In realtà sapevo benissimo che il parroco era un uomo possessivo e dispotico. Pregai il Signore che gli buttasse giù la chiesetta con un terremoto. Anzi, già che c'era, anche l'orribile chiesa di nuova costruzione lì accanto, così imparava a negare al suo diacono la soddisfazione di accompagnare un suo alunno a ritirare un premio.
Avremmo fatto tappa a Massa, a casa di mia nonna materna; tutto era pronto per accogliere anche il professore, ma il letto restò vuoto.
Il giorno dopo andammo in Liguria a ritirare il premio: in una sala stracolma, fui chiamato dalla giuria del Premio, mi diressi sul palco incontrando tutti i giurati seduti dietro un lungo tavolo e strinsi la mano ad ognuno di loro. Il Presidente mi diede il premio, costituito da un attestato e da una medaglia, che ancora conservo.
Nella sala attigua rividi il mio disegno, appeso insieme con gli altri. Per ogni sezione erano presenti i primi tre classificati, e rimasi impressionato dalla bravura dei miei "colleghi", premiati al contrario di me, non per la spontaneità ma per la tecnica.
Non sarei mai stato in grado, pensai, di fare quelle cose.
Forse adesso, che mi diletto a rifare Kandinskij, potrei pensare di competere con loro. Comunque il mio disegno era insieme con i loro, e tanto bastava.

Ero, però, molto deluso dell'assenza del prof., ce l'avevo con lui perché non aveva avuto il coraggio di dire al parroco che avrebbe dovuto fare a meno di lui perché ci teneva ad essere presente alla premiazione, ed ero anche scocciato del comportamento dei miei genitori, che
avrebbero dovuto rivolgersi direttamente al prete per protestare e poi "rapire" il prof. caricandolo sulla macchina e partendo a tutta velocità.
Chi si credeva d'essere, quell'intonacato, il padrone della vita delle persone? Cominciai allora a rendermi conto che i sacerdoti non erano tutti buoni e saggi ma esseri umani come tutti e che non mi sarei dovuto fidare di loro solo perché portavano l'Abito. Forse anche il prof. Mazzi rimase deluso da loro e dalla Chiesa, perché in seguito, invece di diventare lui stesso uno di loro, smise di studiare teologia e si sposò.

Recentemente ho voluto incontrarlo, a trent'anni da quell'evento, per ringraziarlo e dirgli che quel premio era stato importante per me e che era stato soprattutto merito suo, avendo intuito le potenzialità di quella piccola opera. Nonostante il tempo passato, l'incontro ci riportò immediatamente a quegli eventi del 1972 come se li avessimo appena vissuti, e ci apparvero nitidi e ormai indissolubili.

Questo per me rimane il primo di quei ricordi che hanno lasciato un segno.

Ho sempre cercato di mantenere dentro di me la spontaneità che in quell'occasione tante persone videro in me.


Gianfranco Bianchi, 2007 (duemilasette)

 

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