CITTADINANZA ITALIANA: PREMIO O DIRITTO?
30 marzo 2019
di Giovanni Schiavo
Non sapevamo che la cittadinanza fosse un gioco a premi. Che potesse essere concessa per meriti speciali a un ragazzino di tredici anni di nome Rami Shehata, nato a Milano da genitori egiziani, che ha salvato se stesso e cinquanta compagni di classe dalla brutale follia di Ousseynou Sy, l’autista che voleva dare fuoco all’autobus in cui li aveva imprigionati, per vendicare i bambini morti nel Mediterraneo centrale. Non sapevamo nemmeno che potesse essere tolta per speciali demeriti, peraltro, come quelli di Ousseynou Sy - cittadino italiano, sebbene nato in Francia. Non ci risulta, perlomeno, che non vi sia mai stata una simile pena accessoria comminata, per dire, a Totò Riina, a Bernardo Provenzano. Se sei italiano e sei bianco, la cittadinanza non te la leva nessuno.
Forse ci siamo distratti, insomma. Ma è forte la sensazione che in questo strano Paese chiamato Italia la meritocrazia, nel bene o nel male, sia un affare solo per stranieri. Che nel Paese in cui si è italiani per diritto di sangue e non per diritto di suolo, un ragazzino nato in Italia da genitori stranieri possa fregiarsi della sua italianità solo se decide di rischiare la vita per salvare quella dei suoi italianissimi compagni di classe. Avere paura, come l’avremmo avuta tutti noi, come gran parte dei suoi compagni di classe, non gli sarebbe valso questo onore. Essere nato in Italia, del resto, non gli vale questo onore. Ed è stucchevole che ci si interroghi e ci si divida su questa proposta, come se il premio per un atto eroico sia quello di togliere lo stigma da straniero al piccolo eroe Rami Shehata, come a dire che non è giusto che gli eroi stiano nel limbo dei non Italiani nati in Italia. Il limbo, semmai, è per gli stranieri normali. Quelli che pagano tutte le tasse che pagano gli italiani, ma le case popolari devono andare prima agli Italiani. Quelli che parlano e scrivono l’italiano meglio degli italiani, ma non possono accedere ai concorsi pubblici degli italiani. Quelli che devono rispettare tutte le regole, nel Paese in cui non le rispetta nessuno. Quelli che non saranno mai italiani, ma al massimo italo-senegalesi, anche se cittadini italiani, anche se nati in Francia, perché la pelle non mente mai.
Il bello è che vinceranno loro, Rami e i suoi fratelli, su questi tempi bui. Che saranno loro a salvare l’Italia paralizzata dalla paura, una volta adulti, con la loro intraprendenza e il loro coraggio. Che saranno loro a definire cosa vorrà dire essere italiani nel ventunesimo secolo. Che saranno loro a insegnare ai loro figli che niente è dovuto e che tutto è una conquista. Magari gli racconteranno pure la storia di questa misera epoca dominata dai figli del declino, in cui se eri straniero bisognava essere eroi per assurgere al rango di normali.
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News » DIBATTITI E OPINIONI | sabato 30 marzo 2019
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