IL MOSTRO DI ST. PAULI

29 gennaio 2020

di Giovanni Schiavo

La pellicola è basata su una storia vera (raccontata nel romanzo Der Goldene Handschuh di Heinz Strunk), quella di Fritz Honka, serial killer che negli anni settanta ha sconvolto non solo Amburgo ma la Germania intera. Un vero mostro le cui gesta vengono mostrate da Akin con un realismo quasi pulp che, non a caso, ha fatto ottenere al film il divieto ai minori di 18 anni nel nostro paese.

Fritz Honka nacque a Lipsia ed era il terzo di dieci figli. Suo padre era un fuochista e si racconta che fosse stato mandato in un campo di concentramento per lavorare al servizio dei comunisti. Morì nel 1946 per alcolismo e problemi di salute a lungo termine causati dalla prigionia.

Agli inizi degli anni cinquanta, Fritz Honka iniziò a imparare il mestiere del muratore, ma ben presto dovette rinunciarvi per un’allergia. Andò a vivere un periodo in un paesino della Germania occidentale, dove ebbe una relazione con una donna da cui nacque un figlio (Heinrich), e nel 1956 si trasferì da solo ad Amburgo. Nella nuova città trovò un impiego come operaio portuale.

Sempre nel 1956 ebbe un grave incidente stradale, nel quale si ruppe il naso e ne ricavò un forte strabismo. Nel 1957 sposò Inge, dalla quale ebbe un figlio chiamato Fritz, ma il matrimonio fallì e si separarono nel 1960. I vicini ricordano scene violente nel loro appartamento. La coppia poi si riconciliò, ma si separò una seconda volta nel 1967.

Accusato di stupro nel 1975, ben presto sprofonderà nell’alcolismo e avrà sempre più problemi a intrattenere dei rapporti con le donne. Decise così di rivolgersi alle prostitute che incontrava nei pub o nel quartiere a luci rosse di St. Pauli.

Fritz Honka commise il suo primo omicidio nel 1970, quando lavorava come guardiano notturno per la Shell. Strangolò una parrucchiera e prostituta occasionale di 42 anni che non aveva voluto fare sesso con lui. Dopo averla uccisa fece il cadavere in pezzi che nascose in vari punti della città. Le parti furono trovate e identificate dalla polizia di Amburgo, ma non trovarono nessun indizio che potesse aiutarli a scovare l’assassino.

Nell’agosto del 1974 strangolò una prostituta di 54 anni (Anna Beuschel). In seguito disse che non era stata abbastanza passionale quando avevano fatto sesso. Nel dicembre dello stesso anno strangolò invece la 57enne Friedda Roblick. Un mese dopo assassinò un’altra prostituta.In tutti e 3 gli omicidi, Fritz Honka tagliò i cadaveri in piccoli pezzi e li nascose nella soffitta della sua casa. Ben presto l’odore di carne in decomposizione si profuse nell’aria e sebbene lui usò tanto profumo al pino per celarlo, raggiunse comunque gli altri condomini. Tuttavia i reclami degli altri condomini furono ignorati.

Per il mostro di St. Pauli stava andando tutto liscio, ma il destino gli giocò un brutto scherzo!

Il 15 luglio del 1975 il condominio dove viveva Fritz Honka prese fuoco e intervennero i vigili del fuoco per sedare le fiamme. Spento l’incendio, i vigili del fuoco trovarono un torso femminile parzialmente decomposto in un sacchetto di plastica e chiamarono la polizia. Il 29 luglio di quell’anno, Fritz Honka confessò di avere ucciso quelle donne.

In custodia, Fritz Honka ha dichiarato di avere ucciso quelle donne dopo che lo avevano deriso perché preferiva il sesso orale ai rapporti completi. Il tribunale lo condannò a 15 anni di prigione in un ospedale psichiatrico. Il suo abituale abuso di alcol lo considerarono un fattore attenuante, poiché diminuiva la sua capacità mentale.

Fritz Honka fu rilasciato dalla prigione nel 1993 e trascorse i suoi ultimi anni in una casa di cura. Morì in un ospedale di Langenhorn, Amburgo, il 19 ottobre 1998.

“Per me, Honka non è semplicemente una specie di Hannibal Lecter. Quest’ultimo infatti è un personaggio fittizio che commette omicidi negli Stati Uniti. Honka era una persona reale del mio quartiere, una persona che ha lasciato il segno,” spiega Akin nelle note stampa del film. “Alle elementari mi avvertivano sempre: fai attenzione, o un molestatore o Honka ti prenderanno! Era l’uomo nero della mia infanzia. Cerco sempre un rapporto personale con il materiale sul quale lavoro. Più questo rapporto è stretto, più il film sarà verosimile.”

“Ho preso come riferimento principale il romanzo di Heinz Strunk uscito nel 2016,” spiega Akin. “Il libro è stato uno dei motivi principali per cui ho iniziato a lavorare al film. Penso che sia un grande lavoro letterario, perché genera in qualche modo una specie di empatia per il serial killer. Il film non racconta le origini di Honka, né quanto sia stato umiliato da piccolo, o le violenze sessuali che ha subito da bambino. Non volevo cercare delle spiegazioni per le atrocità da lui commesse. Ma ho cercato di catturare le tracce di umanià che il romanzo stesso concede a Honka.”

Non è un caso se ne Il Mostro di St Pauli hanno un ruolo centrale il contesto in cui vivevano sia Fritz Honka che le sue vittime, esemplificato dallo squallido Guanto d’Oro: “Molti dei personaggi sono stati segnati dalle loro esperienze durante la Seconda Guerra Mondiale, sebbene siano passati più di 25 anni da essa. La Repubblica Federale stava attraversando il miracolo economico, eppure queste figure sembrano infinitamente distanti da essa. Sono persone che si aggirano nell’ombra. Dove ci sono vincitori, ci sono anche vinti, e in questo caso si tratta del proletariato. Forse la Guerra ha traumatizzato queste persone molto più di quanto la società abbia voluto riconoscere. È qualcosa che i Tedeschi e i Turchi hanno in comune, nella loro anima: non vogliono elaborare i traumi, vogliono dimenticarli. Ma non funziona così. Si creano dei nodi, e quei nodi vanno sciolti.”

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News » CINEMATOGRAFANDO di Giovanni Schiavo - Sede: Nazionale | mercoledì 29 gennaio 2020