Siamo tutti mostri14/7/2020

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Siamo tutti mostri14/7/2020

di Avv. R. Patrizia Tripodi

Di fronte alla commissione di delitti efferati si parla comunemente dell’autore come di “Mostro”, ma la definizione è davvero calzante? Chi commette un reato, anche il peggiore tra i reati che colpisce la sfera delle persone come può essere l’abuso contro i bambini e ogni altro comportamento che sia inaccettabile dal punto di vista morale e giuridico perché offende l’innocenza, la purezza, la dignità dei più deboli è considerato disumano e da qui la definizione di “Mostro, (dal latino monstrum, prodigio, portento), cioè una figura disumana; essere che si presenta con caratteristiche estranee al consueto ordine naturale e come tale induce stupore e paura; ha aspetto deforme e dimensioni anormali. Largamente presente nelle antiche mitologie e nelle tradizioni religiose e popolari ha natura ambivalente poiché utilizzato sia in senso positivo che negativo. Nella sua accezione positiva quando una persona è dotata di eccezionali qualità intellettuali si usa definirlo mostro sacro, espressione derivante dal titolo “LesMonstres Sacrés” di un dramma dello scrittore francese Jean Cocteau, con la quale si indicano i grandi e prestigiosi attori del teatro e del cinema e che per estensione è utilizzata per definire chiunque goda di particolare notorietà e di riconosciuta fama nell’ambito della propria attività. Nella accezione negativa definisce la persona brutta e deforme che incute orrore e repulsione; riguardo alle qualità morali, individuo malvagio e crudele che gode nel fare del male agli altri, che si è macchiato di delitti efferati.

Nel linguaggio popolare, al pedofilo ci si riferisce chiamandolo girolimoniGino Girolimoni era un fotografo che nel 1927 fu, suo malgrado, protagonista di una scandalosa vicenda giudiziaria da cui fu tratto il film di Damiano Damiani del 1972 Girolimoni, il mostro di Roma”, interpretato da Nino Manfredi. Tra il 1924 e il 1927, un misterioso individuo, rapisce e uccide delle bambine. Sembrano sussistere prove inattaccabili contro il fotografo che viene accusato e finisce in carcere. Nel 1928 le accuse crollano, dimostrata la sua innocenza, il fotografo viene finalmente liberato. Come ancora oggi accade però, mentre alla notizia dell’arresto fu data una grande eco con conseguenze perniciose per il malcapitato, la liberazione e la relativa innocenza di Gino Girolimoni, per ordine dello stesso Mussolini passò sotto assoluto silenzio; la stampa di regime non dedicò una riga all’innocenza e alla scarcerazione. Una volta uscito dal carcere, Girolimoni, accortosi che il suo nome era divenuto simbolo di mostruosità e che tutta Roma continuava a considerarlo colpevole, cercò in ogni modo, ma invano, di far pubblicare una rettifica che non arrivò mai ed egli finì i suoi giorni in miseria. Pur essendo stato riconosciuto innocente paga la sua condanna ancora oggi, ogni volta che il suo nome viene citato per associarlo alla pedofilia. Il vero colpevole era un malato psichico che, sorvegliato dai familiari non commise più alcun reato e così i Romani non smisero mai di credere alla colpevolezza del fotografo.

Ma il bisogno di riconoscere qualcuno come mostro non è forse esso stesso simbolo di mostruosità? E quanto può considerarsi corretta la definizione di mostroL’errore è attribuire caratteristiche non umane a chi commette determinate azioni perché invece sono proprio gli umani, gli unici capaci di uccidere senza motivo, di commettere azioni delittuose, violenze immani nei confronti dei propri simili. Sono gli umani che godono nel fare la guerra; che provano piacere nel prevaricare gli altri e non per la propria sopravvivenza ma per i propri banali interessi. Non per caso i futili motivi rappresentano un’aggravante nella commissione di un reato.

Solo gli umani sfogano la propria frustrazione contro altri umani, perfino contro coloro che meno sono capaci di stimolare sentimenti negativi, come possono essere i bambini. In psicologia si parla di emozioni negative che vivono dentro di noi come mostri che ci perseguitano e che vengono fuori nel momento meno opportuno; sono colpa, paura, superbia, egoismo, invidia, gelosia, rabbia, insoddisfazione, frustrazione, senso di inferiorità.  Quando queste emozioni sono fuori controllo possono avere effetti devastanti su chi le prova e conseguenze a volte tragiche sugli altri.Senz’altro impossibile eliminare del tutto le sensazioni negative ma le si può accettare, gestire e imparare a conviverci senza che si impossessino della nostra vita.  Saper riconoscere le proprie emozioni consente, attraverso l’intelligenza emotiva, di riconoscere quelle altrui. Fu Charles Darwin a riscontrare che gli esseri umani possiedono un vasto repertorio di emozioni che hanno funzione sociale e favoriscono l’adattamento all’ambiente. 

Le emozioni principali sono sei. 

La paura che ci aiuta a salvaguardare noi stessi; la sorpresa che ci permette di orientarci di fronte ad una nuova situazione; il disgusto che qualcosa ci suscita e che ce ne fa allontanare; la rabbia, sentimento negativo e distruttivo, che comporta irritabilità in una situazione fastidiosa; la gioia che consiste nell’euforia per qualcosa che ci rende felici e ci dà sensazione di sicurezza e benessere e che ci spinge a riprodurre la situazione; la tristezza per qualcosa di negativo che ci porta a superare la situazione e manifestare le nostre emozioni. 

Quando non si è capaci di controllare le proprie emozioni queste possono scatenare comportamenti esasperati di ogni genere e renderci “mostruosi”. Sentimenti positivi e negativi appartengono ad ognipersona, non altrettanto la capacità di controllo e l’equilibrio psicologico. Ma solo nel momento in cui ci troviamo ad affrontare una particolare situazione possiamo capire come ci comporteremo. In fondo siamo tutti potenziali ladri o assassini e possiamo vivere tutta la vita senza scoprirlo perché se siamo fortunati non ci troveremo mai in quella particolare situazione capace di scatenare in noi le nostre peggiori emozioni e reazioni. 

Siamo tutti umani, dovremmo ricordarcelo quando puntiamo il dito e questo non per giustificare l’ingiustificabile ma per reagire da persone e non da mostri, perché è la reazione di fronte alle situazioni che può riportare un fatto anche grave in una dimensione accettabile, e a questo dovrebbe servire il sistema giudiziario, o trascendere verso l’assoluta malvagità con il risultato di alimentare il male.

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