IV domenica di Quaresima ai domiciliari22/3/2020

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IV domenica di Quaresima ai domiciliari22/3/2020

di Padre Giacobbe Flavio D’Angelo, OFM Sicilia

Quarta Domenica di Quaresima. Qui, casa. Sempre agli arresti domiciliari.

Più si va avanti e più la sindrome da Covid-19 mi appare indotta dal nuovo regime sanitario e la considero una vera e propria farsa.

Parlano dei tanti morti di Bergamo e intanto riportano la foto di innumerevoli bare risalenti al naufragio di Lampedusa avvenuto nel 2013.

Fanno vedere in Tv un surreale corteo funebre con presunte bare dentro furgoni militari, tanto per dipingere uno scenario bellico da seconda guerra mondiale e colpire l’immaginario collettivo della gente, giustificando il coprifuoco a cui ci costringono senza pietà.

Chiunque, dal “panellaro” al “frittolaro”, e da ogni angolo dello storico mercato della “Vucciria”, ridotto al silenzio ma operativo dietro le saracinesche abbassate, ci ripetono fuori contesto: #iorestoacasa. E lo pronunciano scandendo le parole e facendo persino sentire il cigolio del cancelletto iniziale della frase!

Ogni notte appare in Tv, a reti unificate, il novello Duce che ci aggiorna sulle nuove restrizioni; e sarebbe meglio dire che ci annotta, vista l’ora tarda scelta di proposito per fare “scantare” l’inerme popolazione!

- Se andrai al supermercato dovranno misurarti la temperatura. - Il cane non potrà pisciare oltre duecento metri dall’abitazione.
- Vietate le passeggiate, niente sport all’aria aperta, neppure da soli, neppure sul terrazzo del palazzo.
- Se ti colgono in flagrante 5.000 o 10.000 euro di multa, a seconda di quanto ti stava facendo sudare l’attività ginnica svolta.

Praticamente siamo criminalizzati sulla scorta di una malattia di cui neppure si sa come fare la diagnosi (vedi qui: https://disinformazione.it/2020/03/09/coronavirus-e-i-falsi-positivi/).

Tutti ovviamente sono bravi cittadini e vengono per questo elogiati: fanno bene i compiti, rigorosamente a casa - si intende! - e sempre da casa ci danno dentro con lo smart working: “Più dentro di così!” verrebbe da dire, pensando al divieto assoluto di uscire da casa.

Pure i Capi della Chiesa - meglio chiamarli così in tempi di regime - ti dicono che devi stare rigorosamente a casa, non devi andare in Chiesa, perché per guarire da questa malattia non occorrono Sacramenti. E poi c’è il rischio che se ricevi Gesù al momento della Comunione, persino Lui ti infetti!

Ci hanno tolto non solo la libertà di vivere ma pure di morire, perché se di fronte al naturale rischio della morte resti sereno, malgrado tutto, ti danno dell’untore!

A nulla giova spiegare che le notizie ufficiali sono in gran parte false e che fior di virologi e medici coscienziosi ridimensionano il Covid-19 che per quanto aggressivo resta pur sempre uno dei tanti coronavirus che abbiamo sempre avuti.

Già al solo pensiero di uscire da casa per fare due passi a dispetto dei divieti, ti accusano di crimini contro l’umanità, perché - dicono - si corre il pericolo di contagiare gli altri!

Peccato che quando esco di casa per andare a comprare il giornale, visto che le edicole sono considerate prima necessità e rigorosamente aperte, per strada trovo un deserto e mi pare di essere Robinson Crusoe in cerca di Venerdì.

Anzi, no, qualcuno ancora si incontra!
C’è la signora che dalla finestra mi sbatte il tappeto mentre io sto passando sotto; e però è lei a gridarmi contro!
Mi minaccia di chiamare il 113 se non rientro subito a casa.
Le verrebbe da dire “di corsa”, ma si frena ricordando che il Presidente del soppiantato Consiglio dei Ministri - tanto per evocare un pallido ricordo della democrazia che fu - ha vietato pure di fare jogging.
Alla signora rispondo che è meglio chiamare il 118 per farsi ricoverare, possibilmente al reparto di neuropsichiatria di Villa Sofia.

Vi dico francamente come la penso: non credo che siamo in piena pandemia ma in pieno pandemonio senz’altro! Peccato che le Chiese sono chiuse e non possiamo neppure chiamare l’esorcista.

Riflessioni del mattino dedicate alla mia cara compagna di stadio, Carmella Messina, per ridare un sorriso al suo mesto e triste viso, nella speranza di tornare presto a tifare Palermo.

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