Bipolarismo della “sicilitudine” nella “Storia del viaggio in Sicilia”

15 settembre 2016

di Pina D’Alatri

L’itinerario in Sicilia attraverso i secoli si snoda, nel saggio di Carlo Ruta (Storia del viaggio in Sicilia dalla tarda antichità all’età moderna, 2016, Ragusa Edizioni di storia e studi sociali, pag 294) con dovizia di informazioni storiche e documentarie e con interessanti spunti di analisi sociologica, per condurre il lettore in un’avventura fatta di ricerche stimolanti e di scoperte emozionanti. Vari gli ambiti d’interesse culturale: dall’archeologia alla storia, dalla letteratura all’arte figurativa, dai fatti di costume agli aspetti sociologici, in una visione d’insieme sempre chiara e ben coordinata. Il tema di fondo è quello di far risaltare i nessi che hanno consentito la trasmissione delle tradizioni, dei punti di vista e dei topoi, mentre le varie dominazioni e governi che si susseguivano nell’isola, sembravano apportare radicali cambiamenti. Il testo, tuttavia, presenta vari filoni interpretativi e offre molteplici chiavi di lettura. Fin dall’inizio l’autore propone un bipolarismo tra vita e morte che percorre tutta l’opera e che evoca un confronto immediato con Gesualdo Bufalino là dove egli considera i termini “luce” e “lutto” come un ossimoro che rappresenta la Sicilia. E’ luce e lutto l’Etna, maestosa presenza nel viaggio di Ruta, punto focale di ogni percorso. Nel mondo cristiano è fuoco d’inferno, baratro che risucchia verso la morte, a cui può porre riparo solo il viaggio salvifico alla volta di Gerusalemme. Per gli Arabi , invece, la Montagna è luce che squarcia l’oscurità, è la vita che si rinnova, è humus che inonda la terra. L’Islam che conduce i pellegrini in viaggio verso La Mecca s’identifica nella forza del vulcano. Al di là della fede, l’Etna ,in tutte le epoche eserciterà una fortissima attrazione sui viaggiatori. Immagine di morte ma anche mimesi di vita è la cripta dei Cappuccini di Palermo: la morte che imita la vita in una finzione scenica perturbante. Il viaggiatore Goethe ne proverà orrore: fantocci maleolenti che recitano una parte. Tuttavia, proprio in tale esasperazione, si coglie l’ambivalenza tipica del popolo siciliano: la morte è ineluttabile ma la si inganna con la finzione del durare. Da ciò i bizzarri figuri, il gusto del grandioso e del fantasmagorico, la mescolanza di elementi contrastanti nella quotidianità del vivere. La stratificazione di culture diverse ha reso questo popolo eterogeneo e contraddittorio, pensoso e superficiale, beffeggiante e serio. Un viaggiatore attento e sensibile, come lo scrittore francese Guy de Maupassant, più degli altri sa comprendere che il dualismo siciliano non è altro che una forma di duttilità all’adattamento e apprezzarlo. Il “viaggio” di Ruta, quindi, non attraversa solo la Sicilia dalla tarda antichità all’età moderna ma è un percorso dentro la Sicilia e i Siciliani di ogni epoca.

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