NONNA CANDIDA - ESEMPIO D’AMORE E SAGGEZZA

09 agosto 2022

di Roberto Dall’Acqua
* La foto di copertina è di Ilaria Solazzo, giornalista            pubblicista pugliese, che ha rilasciato l'intervista
   Scatto di Francesco Francioso

Un’esperienza di malattia - posta in un’altra persona con cui ha un fortissimo legame - è il racconto di Ilaria che, ora adulta, ci racconta la sua esperienza.
 
Roberto - Per te che eri solo una bambina di 10 anni cosa ha rappresentato il cancro?
Ilaria - Mia nonna paterna, a cui ero legatissima, fu colpita da un tumore letale che le diede poco da vivere (morì il 26 aprile 1995). Mi ritrovai a vivere la malattia da un ruolo diverso, quello della nipote che vede la nonna spegnersi lentamente, giorno dopo giorno. Fu un calvario. Non ero stata preparata adeguatamente a una situazione così complessa per una della mia età.
 
Roberto - Quali erano i tuoi pensieri? 
Ilaria - Essere accanto ad un parente malato di cancro significa percepirne gli stati d'animo ed i dolori sentendosi, ahimè, con le mani legate e impossibilitati nel poter dare loro un po' di respiro.
 
Roberto - Quali sono i ricordi di quel periodo?
Ilaria - Ricordo che, in quei mesi, ogni giorno, per me, assumeva un sapore diverso. Contavo giorni ed ore confidando in un miracolo che, purtroppo, non arrivò mai. Credo, a ogni modo, con certezza, che, l'amore mio e dei tanti parenti, abbia tenuto in vita mia nonna Candida Giglio più di quanto fosse stato previsto dai medici. Sono dell'avviso che l'Amore può tutto.
 
Roberto - Come si sviluppò la malattia?
Ilaria - La corporatura d'acciaio di mia nonna si palesò rapidamente in un esile scheletrino. Mi colpì una cosa: nonostante i dolori insopportabili lei rimase di una generosità unica. Pensava agli altri e mai a se stessa. La malattia non l'aveva resa egoista, ma aveva accentuato il suo essere un animo nobile. 
 
Roberto - Un episodio particolare?
Ilaria - Una volta mio padre mi chiese di aiutarlo a posizionare dei cuscini sotto le esili gambe di mia nonna. Io mi sentii il cuore a pezzi. Toccare le ossa di mia nonna mi fece malinconia. Non avevo più chi mi doveva proteggere. Ero io che dovevo proteggere lei. Peccato che non si può proteggere chi amiamo dalle malattie. Esse, purtroppo, arrivano come uragani e stravolgono la vita non solo dell'ammalato, ma anche di tutti coloro che gli sono intorno. 
 
Roberto - Com’è affrontata, nel nostro paese, la malattia?
Ilaria - In quei momenti di profondo dramma la famiglia ed i parenti tutti non hanno, ahimè, una rete di supporto adeguato da parte delle istituzioni. I familiari sono  impreparati nel dover gestire in modo opportuno il male del secolo. La nostra nazione, purtroppo, non ha sviluppato adeguati servizi che acconsentano a chi orbita intorno all'ammalata di sentirsi meno solo/a.
 
Roberto - Trascorso il tempo cosa ti ha lasciato quel momento?
Ilaria - Ogni giorno rivivo l'ultimo periodo passato con lei e fa ancora malissimo, mi sforzo di andare avanti, ma non è facile nonostante siano trascorsi quasi 30 anni dal suo decesso. La nonna si sa che, per ognuno di noi, detiene da sempre un ruolo privilegiato. Collabora al sostegno materiale, soprattutto affettivo, custodisce la memoria, garantisce continuità alle generazioni future, condiziona con la sua presenza l'avvenire dei nipoti e non solo!
 
Roberto - Una nonna rappresenta altro anche?
Ilaria - La nonna è simbolo di amore, saggezza e autorevolezza, una vera e propria guida, dispensatrice di buoni consigli. Tale persona è un punto di riferimento molto importante, un faro che ci mette sulla buona strada e che ci fa sentire sicuri. Il ruolo delle nonne in famiglia è davvero importante per la crescita dei nipoti e non solo.
 
Roberto - Cosa diresti, ora, a tua nonna e che magari non le hai mai detto?
Ilaria - A mia nonna le direi GRAZIE per avermi saputo  trasmettere i valori fondamentali per saper stare al Mondo. Mia nonna era una donna umile, molto buona, una grande lavoratrice, una donna che ha saputo tenere unita la famiglia... mettendo acqua sul fuoco. Trattava gli altri sempre con i guanti di velluto. Mia nonna era speciale perché ha saputo donarmi amore e serenità. C’è una porta che ognuno di noi ha nella mente e una casa che abbiamo "percorso" per anni tutti i giorni. È quella che porta a casa della nonna, a quelle mura che di solito odorano di foto vecchie, cibo buono e pane col pomodoro ad ogni ora del giorno. Anche se non ci pensiamo costantemente quei ricordi del passato, della nostra infanzia, sono sempre lì, pronti a riaffiorare aggrappandosi al nostro cuore. Quello che mi viene in mente quando la penso, sono le corse che facevo dalla macchina dei miei genitori fino al suo portone, urlando “nonnaaaa” a squarciagola. Ricordo che ci metteva seduti a me e mio fratello, in cucina, ed intanto ci facevi assaggiare quello che aveva preparato con le sue abili mani. 
 
Roberto - Il pensiero della nonna ti incoraggia anche oggi?
Ilaria - Quando la sera devo andare a letto e mi pettino, penso con estremo affetto a mia nonna Candida. A quando mi faceva le trecce e mi diceva di non buttarmi mai giù, e che se mi fosse capitato di cadere, nella mia vita avrei dovuto imparare a rialzarmi immediatamente. Perché la vita è dura e va affrontata con il sorriso e con la totale fiducia in Dio. Oggi so, che, anche se fisicamente lei non è più tra noi, mi aiuta sorreggendomi da lassù quotidianamente. Sto provando ad andare avanti a testa alta nonostante i mille problemi per renderla orgogliosa di me.
 
Roberto - Ilaria che ultima considerazione vuoi condividere con i lettori della mia testata giornalistica?
Ilaria - Vorrei dire ai tuoi lettori che, purtroppo - per motivi legati alla mia età anagrafica dell'epoca - ho dato troppe volte per scontata mia nonna. Se potessi tornare indietro nel tempo farei tutto diversamente. L'ho amata tanto e mai smetterò di farlo perché lei è un pezzo del mio cuore.
 
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