Enrico Ruggeri accende la platea messinese7/4/2019

Memoria per Enrico Ruggeri accende la platea messinese

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Enrico Ruggeri accende la platea messinese7/4/2019

di Giovanni Curatola

Musica d’autore. Acustica, naturale, genuina. Computer ed elettronica rigorosamente al bando. Solo voce, chitarra acustica e tastiera. Fisarmonica e mandolino ogni tanto. E poi tromba, quella tromba che ha regalato assoli e inframezzi deliziosi quanto inaspettati. Erano pochi i convenuti ieri sera al teatro Mandanici di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina): circa 300 su 1.000 posti a disposizione. Flop? Commercialmente forse, emotivamente tutto l’opposto. Perché se il business auspicato dagli organizzatori era ben altro, l’atmosfera del “pochi ma buoni” (con parecchi dei posti più lontani avvicinatisi al palco, proprio come si fa in chiesa o all’università per occupare i primi banchi, quando trovati vuoti) ha finito col creare un rapporto più diretto, confidenziale, quasi intimo tra palco e platea. La quale, quanto ad entusiasmo condito da frequenti e ripetuti battimano durante e da applausi alla fine di ogni brano, ha fatto sì che l’elemento qualitativo compensasse, e di gran lunga, quello quantitativo. Lo stesso Ruggeri, visibilmente gratificato sul palco da queste poche ma appassionate centinaia di fans, ha tessuto le lodi a fine concerto sia per l’ambiente trovato che per la struttura del teatro Mandanici in sé. Miscelando il meglio del suo repertorio coi brani più significativi di “Alma”, l’ultima sua fatica composta da 11 brani dalla musicalità intensa e dai testi profondi, l’artista milanese si e ci ha concesso seduto in poltrona anche aneddoti e riflessioni (brevi ma acute): da certe guerre fatte col pretesto di esportare la democrazia allo stupore che coglie qualcuno l’istante prima della morte, dovuto alla visione di qualcosa che, spirando subito dopo, non può raccontare (episodio accaduto a Lou Reed e che, in Ruggeri, ha ispirato il brano “Forma 21”); da quando a un Ruggeri ancora poco noto al grande pubblico veniva chiesto in ascensore cosa facesse, e alla risposta “Sono un musicista” lo incalzavano: “Si, ma a parte questo nella vita che fai?”, a certi rapporti sentimentali giunti ormai al capolinea ma che un uomo a volte non ha il coraggio di interrompere. Le 2 ore di concerto si sono aperte con una prelibata rivisitazione lenta e melodica di uno dei primi successi di Enrico Ruggeri, “Polvere”, e si son chiuse con le veloci e sempreverdi note di “Contessa”, dopo che il pubblico l’aveva richiamato sul palco per ascoltare il Ruggeri più cantastorie e commerciale: “Peter Pan” e “Mistero”. In mezzo, spazio per certi suoi capolavori prestati in passato anche alla voce di altri artisti (“Quello che le donne non dicono” alla Mannoia e ”Il mare d’inverno” a Mina e alla Berté), per la melodia soave e  tormentata de “Il portiere di notte” e “Rien ne va plus”, per altri suoi classici come “Nuovo swing”, “I dubbi dell’amore”, “Il musicista”, o novità come "Un pallone”, “Lacrime nella pioggia” (forse il più bel brano dell’ultimo cd “Alma”). Non è mancata una parentesi prettamente “bellica”, iniziata con la lenta e struggente “Lettera dal fronte” (dedicata tempo addietro ai nostri fanti della Grande Guerra), inframezzata da un lento, divino assolo di tromba dall’aria vagamente casermeggiante e terminata con “Balalajka”, ballata vivace imperniata sulla guerra nell’ex Jugoslavia del ’92-’93. Incastonate in un sapiente gioco di luci, hanno insomma convissuto per un paio d’ore le due anime dell’artista: quella rock (abbinata al “Rouge” vecchia maniera con cravatta snodata, camicia sbottonata e mani che stringono con impeto, quasi rovesciandola, l’asta del microfono, e l’anima folk più impegnata, dentro un corpo più maturo e ingessato. Disquisendo su qualità e raffinatezza di queste anime, Claudio Trezzani su “Magazzini inesistenti” aveva scritto qualche giorno fa: “Lasciamo alle polemiche social (stabilire) quale delle due sia meglio. Speriamo invece che Dio conservi a lungo e in salute entrambe. Ne abbiamo bisogno”. Parole sante, specie davanti al piattume musicale attuale, dove si ha la pretesa di sostituire la genialita che latita con l'elettronica o un rap più o meno stupido e anonimo, magari spacciandolo per arte... Parole sottoscritte anche da chi dalla musica vuol trarre ancora emozioni e che, come chi scrive, ben 26 anni fa si beccò (da militare) una settimana di punizione per non essere rientrato in caserma per via di un concerto - Lercara Friddi, entroterra siculo - di un Ruggeri certamente meno maturo di quello di ieri ma già allora qualitativamente sopra la media.

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