27 gennaio, l’emozione di ricordare
27 gennaio 2025
Ci sono date che non appartengono solo ai calendari, ma alle anime. Il 27 gennaio è una di queste. Ogni anno, in questo giorno, il mondo si ferma per ricordare l'orrore dell'Olocausto: un abisso di dolore in cui l'umanità si è persa, lasciando dietro di sé un'ombra che non smette di avvolgerci. Una ferita che il tempo non può guarire, ma che dobbiamo tenere aperta per impedire che si richiuda con l'oblio.
Era il 27 gennaio 1945 quando i soldati dell'Armata Rossa abbatterono i cancelli di Auschwitz, rivelando al mondo un inferno inimmaginabile. Campi di sterminio dove l'umanità era ridotta in cenere, dove i nomi diventavano numeri e i sogni scomparivano nel fumo dei forni crematori. Quelle immagini, quelle storie, restano incise nella memoria collettiva come una cicatrice indelebile, un monito che ci obbliga a chiederci: come è stato possibile? E soprattutto, come possiamo assicurarci che non accada mai più?
Ricordare è un atto di coraggio. Perché la memoria non è mai neutra: è un peso, un impegno, una responsabilità. È la voce di chi non ha potuto gridare, la testimonianza di chi è stato ridotto al silenzio. Quando ascoltiamo i racconti di chi è sopravvissuto, non è solo storia: è un ponte che ci collega a un dolore che non è nostro, ma che ci appartiene. Ogni testimonianza è una scintilla di umanità che illumina l'oscurità del passato, ma anche quella del presente.
Eppure, il rischio dell’indifferenza è sempre dietro l’angolo. In un mondo che corre veloce, è facile lasciare che la storia si sbiadisca, che le tragedie diventino statistiche e che il grido dei milioni di vittime si trasformi in un eco lontano. È questo il pericolo più grande: smettere di sentire, di commuoverci, di indignarci. Dimenticare significa tradire.
Ma c'è un antidoto: l'emozione. Quella che ti stringe la gola quando leggi una lettera scritta in fretta prima di un addio. Quella che ti riempie gli occhi di lacrime davanti a una foto sbiadita, a una scarpa abbandonata. L’emozione è il filo che ci lega al passato, che trasforma i numeri in volti, i fatti in storie, la memoria in un impegno vivo
Oggi, nella Giornata della Memoria, fermiamoci. Non solo per ricordare, ma per sentire. Perché il ricordo non è un semplice atto intellettuale: è un gesto umano, profondamente umano. Solo così possiamo onorare chi non c'è più e proteggere chi verrà, custodendo quel fragile miracolo che chiamiamo dignità umana.
Ricordare non ci restituisce le vite perdute, ma può salvarne altre. E questo è il nostro dovere: fare della memoria un faro che illumini il cammino, anche quando il buio sembra più forte della luce.
di Giorgia Pellegrini
Foto ufficio stampa
Video https://youtu.be/fI-c7dDgTGA?si=Asx-W9ZrxkYxNkHK
© RIPRODUZIONE RISERVATA copyright www.ilgiornaledelricordo.it
News » LUOGHI DELLA MEMORIA | lunedì 27 gennaio 2025
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