Matilde, cura parole e suono con maestria
02 dicembre 2025
«Ciao, sono Matilde. E questo è il mio modo elegante per dire “Mi hai distrutta”.
Sì, ma almeno ci ho fatto un EP».
Con queste parole, tratte da “Fiori (0)”, Matilde, all’anagrafe Matilde Montanari, vincitrice de I Visionatici 2025, apre “Grazie per il trauma (live session EP)”, il suo primo progetto discografico composto da cinque brani inediti registrati interamente dal vivo, senza autotune, senza correzioni, in presa diretta allo Studio 52 di Forlì.
Un lavoro nato dal basso, costruito, come dice lei, “senza portafoglio”, giorno dopo giorno, con ostinazione, creatività e tanta verità.
La scena è una stanza di legno e cavi, il microfono a pochi centimetri dal respiro, i musicisti disposti a semicerchio, le luci basse dello studio e la volontà di registrare senza editing. Una scelta che colloca il progetto dentro la nuova ondata di produzioni “live” che stanno tornando nei radar di critica e pubblico come risposta alla saturazione di suoni plastificati.
L’EP prende forma così, con una serie di sessioni consecutive in cui Matilde incide le cinque tracce come fossero pagine di un diario lasciato aperto sul tavolo, e la sua voce — pulita, centrata, con una maturità che sorprende per età e controllo — trova negli arrangiamenti un abito che la accompagna, che la avvolge senza mai limitarla. La band segue le sue linee lasciando che il timbro resti in primo piano e mostri quanto sappia sostenere il peso di una registrazione in presa diretta.
Il risultato è un EP che entra a pieno titolo in uno dei trend più rilevanti del 2025: il ritorno del “live reale” come contrappunto ai linguaggi perfetti e omologati, un territorio in cui la resa vocale torna a essere materiale creativo e non un effetto di post-produzione.
L’impianto dell’EP affonda nella relazione tra trauma, elaborazione e identità musicale: un tema che attraversa la cultura contemporanea – dai forum di psicologia pop alle playlist confessionali – e che qui assume una dimensione narrativa concreta.
Nei cinque brani, che si muovono con naturalezza tra jazz, pop, funk, soul, melodia italiana e scrittura diaristica, emergono le spaccature, gli scarti, le domande a cui si torna persino quando si tenta di dimenticarle.
Il brano “Ogni goccia” racconta l’amore che prosciuga, il tempo impiegato a cercare un senso, l’alternanza costante tra desiderio e rinuncia. Un pezzo che oscilla tra il pentimento, l’attesa e quel freddo improvviso che resta addosso e sottopelle quando ci si accorge di aver dato tutto a chi non sapeva starci accanto.
“Come fanno i gatti” è il capitolo della dipendenza affettiva, quello sull’attaccamento, dove la tenerezza convive con una distanza che non si riesce più a colmare. Le promesse, i ricordi, le abitudini condivise diventano una gabbia da cui non si esce facilmente, per poi arrivare all’ammissione più onesta del testo: si resta legati anche quando l’amore tira in direzioni opposte.
“Disordin3” lavora sul tema della forma da ritrovare, del posto da meritarsi; mentre “Fiori (0)” e “Post-it” aprono e chiudono un ciclo interiore che Matilde interpreta con una consapevolezza rara per una ventenne.
La scelta della live session, quasi ascetica nella sua essenzialità, rafforza la caratura del progetto e lo colloca in quella corrente di produzioni che stanno ridefinendo il valore della presa diretta nell’attuale panorama discografico italiano. Una decisione spinta dall’urgenza di restituire al suono la sua dimensione naturale, priva di stratificazioni digitali.
«Ho scelto di fare un EP “vivo” perché credo che oggi, in un mondo pieno di filtri e perfezione artificiale, ci sia un bisogno enorme di autenticità – dichiara Matilde -. Desideravo che si sentissero i respiri, le imperfezioni, la pancia. Scrivere mi ha ridato aria quando sentivo di soffocare: ogni canzone è arrivata come un frammento di guarigione. Ho costruito questo progetto “senza portafoglio”, ma con tutto il coraggio che avevo: ho barattato foto in cambio di ospitate ai festival, ho suonato per le strade per raccogliere fondi per il release party, ho trovato sul mio cammino persone vere che hanno creduto in me anche quando io dubitavo. E ci tengo a ringraziarle tutte. In particolare, i meravigliosi musicisti che hanno suonato nel disco (Mattia Zoli alla batteria, Vito Bassi al basso, Andrea Bonetti alle tastiere e Mattia Mennella alla chitarra). E poi Luca Medri e Cosascuola Music Academy, casa dei miei primi passi, Giordano Sangiorgi, direttore del MEI, che ha sempre dato spazio alle nuove voci, e la mia vocal coach Paola Folli, che con attenzione e fiducia mi ha portata verso la mia voce vera. “Grazie per il trauma” è il mio “eccomi”, il mio primo passo nella musica che desidero fare davvero: viva, sincera, senza trucco. Mi rappresenta nelle mie crepe e nella mia luce.»
“Grazie per il trauma” ci ricorda che quello che fa soffrire può anche salvare. Che il dolore non va cancellato, ma attraversato. E che si può ancora fare arte vera, quella che parla con onestà, anche senza soldi, se hai cuore, persone buone accanto e una necessità comunicativa che chiede spazio e lo trova in forma canzone.
“Grazie per il trauma” – Tracklist:
1. Fiori (zero)
2. Come fanno i gatti
3. Ogni goccia
4. Disordin3
5. Post-it
di Vittorio Esperia
Foto e video liberi da copyright
https://youtu.be/w8o4HyHLLI8?si=QqRk2k07FyeOb9q
© RIPRODUZIONE RISERVATA copyright www.ilgiornaledelricordo.it
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