Immaginate un adolescente che non urla, non cerca il centro della scena, ma nemmeno si rifugia nella propria stanza come un piccolo eremita digitale. Sembra un paradosso? Benvenuti nel mondo degli otroversi.
Non sono timidi, non sono estroversi: semplicemente scelgono il loro ritmo, selezionano con cura amici e attività, e preferiscono il dialogo uno-a-uno alla chiacchiera di gruppo. Vi state chiedendo: “Ma allora che fanno tutto il giorno?” La risposta è sorprendente: ascoltano, osservano, riflettono… e, a volte, ci fanno sentire come se il mondo fosse troppo rumoroso.
Gli otroversi, come li ha definiti lo psichiatra Rami Kaminski, sono sofisticati, riflessivi, spesso con una saggezza che va oltre la loro età. Preferiscono sport individuali, letture profonde e conversazioni con adulti piuttosto che partite di calcio o gossip da corridoio. Per i genitori, il primo pensiero è: “C’è qualcosa che non va?” In realtà, nulla di patologico: si tratta solo di un approccio diverso alla socialità, una terza via tra la solitudine estrema e il chiacchiericcio compulsivo.
Questi giovani non cercano l’isolamento, ma mantengono una distanza emotiva sana dal gruppo, riservandosi momenti di riflessione e creatività. E qui viene il bello: dietro questa calma apparente si nasconde la capacità di trasformare le sfide e le sofferenze in empatia e dedizione verso gli altri. Secondo la psicoanalista Adelia Lucattini, l’otroversione è quasi un superpotere psicologico: prendere l’esperienza difficile e investirla in legami significativi e crescita personale.
Ma attenzione ai campanelli d’allarme. Se il ritiro diventa prolungato, accompagnato da tristezza, sbalzi d’umore o calo scolastico, è il momento di prestare attenzione e, se necessario, consultare uno specialista. Nella maggior parte dei casi, però, gli otroversi semplicemente viaggiano a un ritmo più lento, scegliendo con cura dove e come spendere la loro energia, proteggendo il loro equilibrio in un mondo che corre sempre troppo veloce.
Come genitori, amici o insegnanti, la chiave è osservare senza forzare. Mostrate interesse per i loro mondi segreti—la playlist preferita, l’ultimo libro letto, l’allenamento solitario e accettate i loro silenzi. Gli otroversi hanno bisogno di spazi in cui sentirsi accolti anche quando sembrano sparire dietro le cuffie o tra le pagine di un diario. Fidatevi, prima o poi condivideranno i loro pensieri più profondi… magari in un momento in cui meno ve lo aspettate.
In un mondo che corre sempre troppo veloce, forse gli otroversi ci stanno solo insegnando la cosa più preziosa: rallentare, scegliere con cura e soprattutto ascoltare davvero. E diciamolo: ogni tanto, non è esattamente quello che tutti noi dovremmo fare?
di Giorgia Pellegrini
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