LORIS DI PASQUALE: ALESSIA E IL CROWDFUNDING

23 febbraio 2017

di Vito Tricarico

C’è della sincera attenzione sociale nelle opere di Loris Di Pasquale, giovane regista già impegnato nel portare in scena per i palchi teatrali italiani racconti di cronaca nera, e che in Alessia, suo ultimo cortometraggio in preparazione, punta gli occhi e tutta la sua sensibilità sul racconto di una violenza bruta, accaduta qualche anno fa in una caserma di Parabiago. Lei, giovane ragazza polacca di soli 19 anni, costretta a subire le violenze sessuali del maresciallo Gatto, di molti anni più grande di lei, e imprigionata, suo malgrado, nella pesante etichetta di tossicodipendente. La colpa di Alessia, come di tutti gli altri individui a cui Loris Di Pasquale si rivolge, è quella di avere addosso un marchio che la precede, che la soffoca; un timbro indelebile che svela un grande errore della società moderna, dove il giudizio prescinde dalla conoscenza e si limita ad additare con i paraocchi, guardando solo ed esclusivamente all’errore. Abbiamo ascoltato Loris Di Pasquale, il quale, oltre a porre l’accento sui motivi che l’hanno spinto ad affidare la propria creatività a questo caso di cronaca, racconta anche delle scelte stilistiche adottate per arricchire Alessia di maggiore veridicità, e di come il crowdfunding si stia rivelando fondamentale per la buona riuscita del progetto; segno, a suo dire, del bisogno che la società avverte di raccontare, ma soprattutto di vedere ed ascoltare, tali tematiche delicate.  

Alessia nasce da un caso di cronaca reale; nella presentazione del corto lei cita anche, tra gli altri, il G8 di Genova e il caso di Stefano Cucchi. Come mai ha scelto di raccontare proprio il caso di questa ragazza abusata, e non gli altri? <<Il corto è ispirato alla storia del maresciallo Gatto, che nella caserma di Parabiago ha violentato una ragazza polacca di 19 anni. Gli altri li ho inseriti in uno spettacolo teatrale, questo qui è un caso che mi ha fatto molto riflettere, una violenza su una donna, una violenza che non si ferma neanche davanti ad una ragazzina… Diciamo che è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso>>.                                  

Nella storia di Alessia si nota un abuso di potere da parte delle forze che dovrebbero garantire l’ordine. Nel corto, oltre alla critica sociale, emerge anche una critica verso queste istituzioni? <<Il corto è più improntato verso il restituire una dignità ad Alessia, incentrato nelle sue ultime 24 ore di vita. Vuole mostrare questa persona a 360 gradi, perché troppo spesso, quando succedono questi casi, queste persone vengono additate come tossicodipendenti, prostitute, anarchici, e non viene restituita loro una dignità umana. Sono comunque persone che soffrono, che amano, che sono felici, persone che anche sbagliano, ma che vanno recuperate e non eliminate>>.

A proposito di questo, Alessia viene etichettata come tossicodipendente. Facendo un parallelo con il recente caso di cronaca del ragazzo suicida, di cui è emerso come sia stato soffocato dall’isolamento in cui si trovava, c’è una maniera per uscirne, per liberarsi dall’etichetta, e se ne fa riferimento nel corto? <<Il corto non dà una maniera per uscire dall’isolamento, ma punta semplicemente i riflettori sul fatto che sono esseri umani, in tutta la loro complessità. Non c’è un giusto o uno sbagliato, tutto questo può essere anche riferito a una persona che fa un solo errore nella vita, e poi per il resto è ligio alle regole. E’ tutto troppo complesso per apporre semplicemente un’etichetta, e, secondo me, si fa spesso l’errore, soprattutto sui media, di giudicare subito la persona in base all’errore, e valutandola solo in base a quello e non nella sua complessità>>.

Gli attori come li ha scelti, in particolare per il ruolo della protagonista?  <<Io in genere ci lavoro sempre molto prima, anche anni, guardando tutti i siti delle agenzie, gli attori, in un lavoro certosino che dura molto, molto tempo. Quando poi vado a fare il casting sono quasi già sicuro di chi prendere, di chi mi piace. Per le ragazze è stata un po’ più dura, si parlerà in russo, perché le ragazze in casa hanno mantenuto un linguaggio “madre”; siamo andati nelle scuole, ed è stato un lavoro molto intenso. Gli altri invece li avevo già in mente, quindi siamo andati sul sicuro>>.

Si parlerà in russo, dunque immagino ci sia anche una prospettiva di distribuzione all’estero <<Sì, assolutamente. Siamo in contatto con la Francia, e anche la Running TV già distribuisce in diversi Paesi a livello mondiale. Una volta che finirà di circuitare per i festival - speriamo in un festival grande, perché poi vogliono l’esclusiva mondiale – cercheremo di farlo circolare. Abbiamo anche contatti con diverse associazioni culturali che ci stanno sostenendo – queste si occupano di extracomunitari – e vorrebbero fare un circuito per far girare il corto e raccontare questa realtà. Perché poi l’importante è quello, che si parli di certe problematiche, e soprattutto che vedano all’estero che qui ci sono certe problematiche>>.

Tra i vari supporti che ha ricevuto il corto c’è quello di Amnesty International, ma c’è anche una richiesta al pubblico di finanziare il lavoro. Come sta andando la raccolta? <<Sta andando benissimo, abbiamo avuto una risposta entusiasmante dalla gente. È incredibile che, nonostante cerchino di censuare determinate tematiche, la gente invece abbia voglia che si raccontino queste storie, abbia voglia di sentirle e di vederle. Questa penso sia stata la risposta più bella. Il finanziamento è cominciato molto tempo fa, da circa 5 mesi, con uno spettacolo dal titolo “Mi hanno ammaStato”, dove parlavamo di Aldrovandi, di Carlo Giuliani, di Pinelli, facendo uno spettacolo su questi episodi di cronaca. Anche lì c’è stata una risposta fortissima dalla gente, hanno cominciato a chiederci date su date, e a un certo punto non siamo riusciti più a stargli dietro; abbiamo dovuto interrompere per l’impegno del corto>>.

Il crowdfunding lo utilizzate solo per pagare gli attori; vista la risposta così forte, siete ora in grado di coprire altre spese? <<Sicuramente. In un film, più soldi ci sono, più riesci a farlo nel migliore dei modi. Puoi pagare anche di più. Noi, nella nostra politica, paghiamo tutti, un qualcosa di strano nei corti; purtroppo in Italia vengono girati a bassissimo budget, perché non ci sono molte realtà per produrli. Troppo spesso si rischia che la gente non venga pagata>>.

Il crowdfunding può dunque essere la strada giusta per un emergente? <<Assolutamente sì, sta prendendo piede. Ad esempio, in Francia o in America è usato tantissimo, anche nei film indipendenti, ma qui è ancora una realtà meno conosciuta. Sta però prendendo piede>>.

Dal punto di vista estetico ha fatto delle scelte particolari per incrementare il senso di realtà del prodotto finale? <<Le scelte stilistiche del film prevedranno un “blow up”, una fotografia molto sgranata. Con i costumi e le scenografie abbiamo scelto di utilizzare tutti colori tendenti al grigio, verde, azzurrino, carta da zucchero. Useremo poi una camera a mano che starà sempre molto vicina alla protagonista, come se fosse un angelo custode, molto intima, e useremo delle lenti a focale lunga – che danno un effetto piatto – proprio per raccontare un mondo soffocante>>.

È in contatto con la ragazza protagonista del caso di cronaca?  <<No, non l’ho neanche cercata. Non so l’effetto che poteva fare, non so se la ragazza è in cura, se ha subito un forte choc… non volevo rinnovare il dolore>>.

Dunque immagino che l’aborto di cui si parla, affiancato alla violenza, è una scelta narrativa aggiunta per incrementare la drammaticità? <<Sì, assolutamente sì>>.

Il prodotto finito quando lo vedremo, e come verrà distribuito? <<Deve essere finito entro giugno, e speriamo che la prima uscita sia un festival, Venezia o Locarno. Poi lo troveremo distribuito dalla Running TV nelle reti televisive italiane>>. 

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